FRODI ALIMENTARI: SEQUESTRATI FALSI PRODOTTI BIOLOGICI

La Guardia di Finanza di Verona ha sequestrato fabbricati e terreni per un valore di oltre 2,7 milioni di euro all'amministratore di una società per azioni di Casaleone (Verona).

COLTIVARE LE TERRE ABBANDONATE

La proposta di Marco Tacconi è semplice, ci sono tantissimi terreni agricoli incolti e abbandonati, perchè non sollecitare i proprietari che sono interessati a metterli a disposizione?

AIUTIAMO I BAMBINI A MASTICARE LENTAMENTE

Questa maledetta fretta e l’abitudine del “mordi e fuggi”, trasferita ormai anche all’alimentazione, ci portano a ingoiare il cibo invece di masticarlo. Complici anche i tanti prodotti alimentari di cui la pubblicità decanta la sofficità che, una volta messi in bocca, scivolano difilato giù nello stomaco.

GLI ORTI SPUNTANO PURE NELLE AZIENDE

Gli orti urbani hanno ormai superato la fase di semplice moda se, secondo i dati della Coldiretti, circa 21 milioni di italiani che stabilmente o occasionalmente coltivano l’orto o curano il giardino.

TORINO E' LA CITTA' DEI VEGANI

Torino è una città veg. Parlare di numeri non è semplice, ma i vegani a Torino sono tanti, tantissimi. «Forse più che qualsiasi altra città, basta vedere quanti punti vendita di cibo vegano ci sono, e non solo cibo».

domenica 28 ottobre 2012

UNA VALANGA DI...VELENI IN FRUTTA E VERDURA


Non bastavano gli organismi geneticamente modificati esaltati dal primo ministro golpista Mario Monti che osteggia sul piano istituzionale l’agricoltura biologica a chilometro zero. Anche l’Unione europea, o meglio la Commissione europea del ramo ha emanato il 21 settembre 2012 il regolamento UE numero 899. Le nuove regole dettate esclusivamente da interessi finanziari , ma non certo da riscontri scientifici, modificano gli allegati II e III del regolamento (CE) n. 396/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente i livelli massimi di residui di acefato, alacloro, anilazina, azociclotin, benfuracarb, butilato, captafol, carbaril, carbofuran, carbosulfan, clorfenapir, clortal-dimetile, clortiamid, ciesatin, diazinon, diclobenil, dicofol, dimetipin, diniconazolo, disulfoton, fenitrotion, flufenzin, furatiocarb, esaconazolo, lactofen, mepronil, metamidofos, metoprene, monocrotofos, monuron, ossicarbossina, ossidemeton-metile, paration metile, forate, fosalone, procimidone, profenofos, propaclor, quinclorac, quintozene, tolilfluanide, triclorfon, tridemorf e trifluralin in o su determinati prodotti e che modifica tale regolamento definendo l’allegato V, che elenca i valori predefiniti. In Italia l’ortofrutta – oltre alle vitamine in percentuale sempre più scarsa – contiene fitofarmaci.
Il primo allarme lanciato mezzo secolo fa da Rachel Carson con il suo memorabile libro Primavera silenziosa, almeno nel Belpaese è rimasto inascoltato. La famosa biologa nordamericana aveva segnalato i danni all’ambiente e alla salute provocati dall’uso del Ddt e degli altri pesticidi. Un ampio arco temporale che non è bastato ad affermare le ragioni di un’agricoltura meno schiava della chimica e più amica dell’essere umano. Tant’è che la banca del seme che ha sede a Bari è in via di disfacimento.
Avvelenamento a norma di legge
I controlli sul campo sono attualmente inesistenti, o meglio inconsistenti. Se poniamo lo sguardo allo Stivale siamo il Paese che consuma più pesticidi in Europa (quasi di 200 mila tonnellate all’anno). Nella penisola l’impiego fitofarmaci ha superato da un decennio i livelli di guardia. I risultati negativi sono confermati dalle analisi eseguite su migliaia di campioni di frutta e verdura. I dati  provengono a seconda dei casi dalle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, dai laboratori di igiene e profilassi e dalle aziende sanitarie locali. Il ministero della Salute e l’Istituto superiore della sanità, tuttavia, non hanno adottato alcun provvedimento cautelativo per proteggere la popolazione italiana. Sono circa una settantina i pesticidi ammessi all’impiego in Italia sospettati di provocare cancro, mutazioni al Dna e malformazioni al feto e danni alla fertilità. Circa il 60 per cento dei residui riscontrati sono considerati sospetti cancerogeni dalla letteratura scientifica internazionale e questo può provocare, soprattutto nei soggetti più deboli ed esposti, i bambini, cancro nell’arco della vita media di un individuo.
Mele, pere, uva e fragole sono i frutti più contaminati in assoluto che arrivano sulle tavole tricolori. Non sono però fuorilegge perché, ricorrendo ad un escamotage suggerito dai produttori, chi li coltiva li inzeppa di una variegata miscela di veleni diversi, dosati in quantità tali da non superare il limite fissato singolarmente per ognuno di essi. Quale sia l’effetto sanitario finale sui consumatori di questa nefasta sinergia nessuno lo sa, perché i cocktails di pesticidi sono ancora poco studiati.  La pericolosità sanitaria dei pesticidi è nota a livello biologico: ai rischi di cancerogenesi e tossicità si è aggiunto negli ultimi anni l’allarme lanciato dagli andrologi, secondo i quali l’assunzione di queste molecole ha effetti negativi anche sulla fertilità.

La normativa in vigore non garantisce i consumatori. Tra i numerosi residui che si ritrovano più di frequente, molti sono di fitofarmaci il cui uso è concesso in Italia, ma che rientrano nella lista di sospetti cancerogeni: insetticidi come il Dicofol o il Parathion, anticrittogamici come il Captano o il Clorotalonil, diserbanti come il Linuron, tutte sostanze che andrebbero subito messe al bando e che invece continuano ad essere commercializzate, usate e a terminare sulle nostre tavole e nei nostri organismi. Senza contare che in moltissimi casi uno stesso campione di frutta e verdura contiene più di un sostanzioso residuo: altro possibile motivo d’allarme vista l’incertezza sui possibili effetti combinati delle miscele di pesticidi. In effetti, numerosi studi condotti sia in Italia che all’estero attestano la pericolosità per la salute di molti pesticidi tuttora in uso. Tra i soggetti particolarmente esposti, ci sono i bambini. 

Una ricerca realizzata negli Stati Uniti d’America dal Natural Resources Defense Council ha stimato per esempio che «ogni anno tra 5.500 e 6.200 persone negli Usa si ammalano di cancro a causa dell’esposizione nei primi anni di vita ai fitofarmaci». Non a caso, niente più pesticidi nella catena organofosfati poiché danneggiano la salute dei bambini. Lo ha deciso con un decreto nel 1999 l’Environment Protection Agency (Agenzia di Protezione ambientale), un organismo federale del Congresso Usa. I pesticidi sotto accusa sono due: Methyl Paration Azinphos Methil, abbondantemente usati su frutta e verdura. In Italia si spargono soprattutto sulle mele. Il provvedimento è stato adottato negli States a stelle e strisce perché i pesticidi sono sostanze chimiche tossiche. L’abominio è che una quantità minima di residui viene giudicata dalle autorità di governo tollerabile (si fa un calcolo approssimativo rispetto al peso corporeo). Secondo gli studi nordamericani questa famigerata “quantità tollerabile” lo è per gli adulti, ma non per i bimbi sotto i diedi anni che hanno ancora l’organismo indifeso e peso corporeo inferiore a quello degli adulti. Lo studio dell’Epa che ha testato 40 organofosfati si è basato su esperimenti con galline e ratti. Un residuo superiore alla tollerabilità ad una lunga esposizione, ha provocato danni sugli animali come l’inibizione delle colinesterasi (una delle proteine del plasma sanguigno), oltre ad effetti sulla vista e su altre funzioni cognitive, dalla memoria ad anomalie comportamentali. Effetti nocivi di  vario tipo, interruzioni di gravidanza e danni al feto, decremento di peso sono stati notati comunque con l’uso di tutti i 40 organofosfati. I due pesticidi di cui è stato bandito l’uso negli Usa 13 anni fa, vengono ancora largamente commercializzati in Italia. Gli organofosfati più comunemente utilizzati sono: Parathion,  Malathion, Metil parathion,  Chlorpyrifos,  Diazinon, Dichlorvos, Phosmet, Tetrachlorvinphos,  Azinphos metile.

Un’agricoltura  come quella italiana se vuole sopravvivere deve puntare esclusivamente sulla qualità biologica dei frutti della terra.  Per un’agricoltura come la nostra che fonda la sua ricchezza e capacità competitiva sulla genuinità del grande patrimonio di produzioni tipiche locali, ridurre l’uso di fertilizzanti chimici e di pesticidi, così come impedire una diffusione indiscriminata delle biotecnologie (OGM), sono obiettivi non solo doverosi per proteggere l’ambiente e la salute delle persone, ma fondamentali anche in una logica squisitamente economica.

di Gianni Lannes


Daconil Liquido 31/3/08
LINURON FL
Fichas Internacionales de Seguridad Química

REGOLAMENTO (UE) N. 899/2012 DELLA COMMISSIONE 

del 21 settembre 2012

sabato 27 ottobre 2012

L'OMS E' FINANZIATA DAI GIGANTI DEL “CIBO SPAZZATURA”


L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è l’ente delle Nazioni Unite, incaricato di vigilare sulla “salute pubblica” ed è composto da 194 stati membri. Mentre la sua missione ufficiale è quella di permettere “a tutte le persone di raggiungere il più alto livello di salute possibile”, è chiaro che segua un’agenda predeterminata, dettata dall’elite mondiale e dalle organizzazioni che ne fanno parte. Nell’articolo dal titolo ‘Contagion’ o come i film catastrofici educano le masse, abbiamo visto come l’OMS fosse coinvolta nella promozione di campagne per la vaccinazione di massa.
Altre prove, che l’OMS abbia profondi collegamenti con l’elite, sono emerse da un recente studio: L’organizzazione ha ricevuto centinaia di migliaia di dollari dai “grandi spacciatori” di cibo spazzatura, come Coca-Cola, Nestlé e Unilever. L’organizzazione si basa sul parere di queste società riguardo la lotta all’obesità .. che è l’equivalente di chiedere ad un trafficante di stupefacenti un consiglio su come stare lontani dalla droga e non acquistare il suo prodotto.
Coca-Cola, Nestlé e Unilever non sono semplicemente “aziende alimentari”, sono giganteschi conglomerati che producono e distribuiscono una percentuale enorme di alimenti in tutto il mondo. Nell’articolo intitolato Consumismo irrazionale (ovvero le poche multinazionali che sfamano il mondo), ho descritto come solo pochi mega-conglomerati possiedano la maggior parte delle marche che producono alimenti trasformati.Assieme a Nestlé, Unilever è uno dei più grandi conglomerati al mondo, con un fatturato annuo di 60 miliardi di dollari. Sì, miliardi. Un miliardo è mille volte un milione. Mentre Unilever possiede un gran numero di marchi che vendono prodotti per la cura personale, è anche il più grande produttore mondiale di gelato, con marchi come Popsicle, Klondike, Ocean Spray ice cream, Slim Fast Ice Cream, Breyers, Starbucks e Ben & Jerry. Ecco un elenco di altri alimenti e bevande prodotte da Unilver.
I marchi di proprietà Coca-Cola sono troppo numerosi per essere elencati, ma è risaputo il suo monopolio sulle bevande zuccherate, dalle bevande analcoliche, ai succhi di frutta ai preparati energetici.
I proprietari di queste società non sono solo imprenditori, ma partecipano anche ai forum dell’elite, come il Council on Foreign Relations e il gruppo Bilderberg. Hanno voce in capitolo sulla formazione delle politiche economiche e sociali in tutto il mondo.
Con i finanziamenti provenienti direttamente da questi conglomerati, abbiamo un’altra prova che l’OMS non sta veramente cercando di rendere il mondo un luogo più sano. Vuole piuttosto plasmare la salute del mondo, in base agli interessi e all’agenda dell’elite mondiale. Avete veramente bisogno di un organizzazione internazionale che vi aiuti a rimanere in buona salute? Evitare gli alimenti tossici venduti da coloro che finanziano l’OMS sarebbe già un ottimo inzio.

Ecco un articolo, su come l’OMS riceva fondi dalle multinazionali del cibo spazzatura.
L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’ PRENDE TANGENENTI DALLA COCA COLA PER TAPPARE I BUCHI DI BILANCIO
  • La Pan America ha accettato $ 50.000 da Coca-Cola, $ 150.000 da Nestlé e $ 150.000 da Unilever
  • Per la lotta all’obesità si basa sugli studi e sui consigli dell’industria alimentare stessa
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha preso migliaia di sterline da aziende alimentari, quali Coca-Cola e Nestlé. Un ufficio regionale dell’OMS, secondo uno studio, avrebbe anche preso donazioni da Ben & Jerry Ice Cream ed Unilever.
La Pan American Health Organization – nota anche come OPS (PAHO) – ha ricevuto £35,000 in donazioni da Coca-Cola, £100,000 da Nestlé e da Unilever.

L’OMS è il braccio della sanità pubblica delle Nazioni Unite e combatte malattie croniche come il diabete e le malattie cardiache, causate principalmente da una cattiva alimentazione.
Accettare finanziamenti dalle industrie alimentari va contro le politiche dell’OMS.
L’ufficio della Pan American – nota come OPS, con sede a Washington – ha finora accettato $ 50.000 da Coca-Cola, la più grande azienda al mondo di bevande, $ 150.000 da Nestlé, la più grande azienda alimentare del mondo e $ 150.000 da Unilever, i cui marchi includono Ben & Jerry Ice Cream e Popsicles.
Le donazioni di denaro sono state descritte da Irene Klinger, una consulente senior per le partnership nell’OPS, come ‘un nuovo modo di fare business.’ Tuttavia, ha insistito sul fatto che l’OMS sia molto attenta a mantenere il controllo sulle proprie decisioni politiche.
Dal 2010 l’OMS ha tagliato i finanziamenti per i programmi sulle malattie croniche del 20 per cento. Queste malattie causano il 63 per cento delle morti premature in tutto il mondo, ma il dipartimento dell’OMS incaricato dello studio, riceve solo il sei per cento del bilancio delle Nazioni Unite.
Boyd Swinburn, un professore australiano che è da molto tempo nei comitati di consulenza dell’OMS, ha detto: ‘Ci stanno manipolando. Siamo a corto di soldi e quelli che entrano provengono da privati. Tutto ciò è molto pericoloso. ‘
Jorge Casimiro, direttore dei rapporti governativi internazionali e degli affari pubblici, tuttavia ha detto: ‘Si tratta di convergenza di interessi. Quello che stiamo cercando di dire è che siamo pronti ad agire.’
Nel frattempo, la Coca-Cola ha anche posto un suo alto funzionario nel comitato direttivo del OMS’s Pan American Forum for Action on Non-Communicable Diseases, un gruppo che determinerà in che modo l’OMS combatterà l’obesità in Messico.
Alla sede centrale dell’OMS di Ginevra e ad altri cinque altri uffici regionali, è stato impedito di riceve ulteriori finanziamenti dall’industria alimentare, da quella delle bevande e da altre.
Il portavoce Gregory Hartl ha detto: ‘La percezione di tali conflitti di interesse, o la loro effettiva esistenza, metteranno in discussione la capacità dell’OMS di impostare e rispettare gli standard e le linee guide riconosciute a livello globale.’
È pure emerso che almeno due dei consulenti nutrizionali dell’OMS, hanno diretti legami finanziari con l’industria alimentare.
Skeaff Murray, un professore della Nuova Zelanda, ha ricevuto finanziamenti da Unilever, il conglomerato da $ 60 miliardi di fatturato (2011).



mercoledì 24 ottobre 2012

CHI HA AUTORIZZATO GLI OGM IN ITALIA ?


Si parla di Ogm dal termine letterale organismi geneticamente modificati. In sostanza si parla di piante, ma anche di coltivazioni non ben definite, geneticamente modificate, una tra tutte per citare un esempio, la coltivazione del mondo del mais in OGM.
Ci riferiamo a coltivazioni transgeniche e coltivazioni mutanti, ovvero resistenti ai diserbanti, allergizzanti e affini. Il Prof. Giueseppe Altieri da anni agroecologo ci spiega che in Italia avvengono importazioni di 60 prodotti OGM, che ad oggi non sono mai stati autorizzati dagli organi preposti - vale a dire dal Consiglio UE - né tanto meno dal Parlamento Europeo, visto che oggi esiste un processo di decisioni congiunto tra i due organismi. A questo punto la domanda da porsi è: chi ha autorizzato quindi gli OGM?
Nessuno quindi tra politici ed vari ministri vuole parlare ed addossarsi la responsabilità pur conoscendo i pericoli degli OGM per la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente in cui viviamo. Ed ecco quindi entrare in campo i “cosiddetti” tecnici della Commissione Europea, sul parere scientifico dell’EFSA, l’ente preposto sul parere della nostra sicurezza alimentare, il quale prende a campione solo gli studi forniti dalle multinazionali produttrici degli OGM, i quali concedono tutte le esportazioni in UE, fatto salvo il fatto che ogni Paese è libero di vietare gli OGM se lo ritiene opportuno.
Applicando il principio di precauzione dei Diritti Costituzionali, inviolabili per la salute e per un ambiente salubre. Non sono quindi legati da trattati internazionali, e quindi in grado solo di stabilire a livello di principio, dei limiti minimi di salvaguardia del nostro ambiente e della salute, ma che ogni Paese al suo interno potrebbe sempre migliorare, rifacendosi alla propria Costituzione interna. In parole povere, liberi di produrre in OGM come è più conveniente, soprattutto ai grandi colossi multinazionali, senza preoccuparsi ancora una volta del l’ambiente in cui viviamo e della nostra salute.
I pesticidi da più di 60 anni mietono vittime nel nostro Paese, forse in numero maggiore delle guerre mondiali che nel corso della storia si sono avvicendate. I morti di cancro con l’utilizzo del DDT hanno superato nel mondo il miliardo nella meda degli ultimi 70 anni. Solo oggi quindi ci si rende effettivamente conto della pericolosità degli OGM, un pericolo che diverrà irreversibile se non saranno fermate in tempo queste produzioni anche sulle nostre tavole e sui nostri terreni agricoli. L’Italia scopre ora il record mondiale dei tumori sui bambini, che si trasmette direttamente dalla madre o si genera nel feto per modificazioni genetiche. I bambini e le generazioni future stanno pagando un prezzo molto alto, si sta uccidendo con il potere il genere umano.
Bisogna quindi pretendere l’obbligo di etichettatura sugli OGM, delle norme che abbiamo effetto su tutto il territorio nazionale, oggi per esempio ci sono in commercio degli alimenti biologici ancora senza l’obbligo di etichettatura. Nonostante numerosi ricorsi in cui si è pronunciata la Corte di Giustizia Europea, per il quale i cittadini hanno l’obbligo di essere informati su quello che stanno per mangiare o per comprare, tutto viene lasciato al libero arbitrio di una nazione senza un controllo effettivo sui brevetti degli OGM, ossia autentici pezzi di vita che si modifica nel tempo. Il principio del brevetto, deve essere invece proprio quello di non effettuare modifiche nel tempo e produrre sempre in modo omogeneo.
L’Italia deve quindi farsi portavoce di un referendum di una carta mondiale di tutti gli OGM, per salvaguardare la memoria genetica di tutti gli esseri umani. 
Principio che viene stabilito e citato nella carta dei diritti dell’uomo. La terra, la natura sono state affidate da Dio all’uomo, il mondo è quindi un bene comune universale, e come tale cerchiamo di rispettarlo e non distruggerlo.
Autrice: Rita De Angelis / Fonte: agoravox.it

lunedì 22 ottobre 2012

INDUSTRIA DELLA CARNE, OGM E SCHIAVITU' MINORILE


Quando un bovino, un pollo o un maiale arrivano sul banco delle macellerie hanno spesso alle spalle un lungo percorso di sofferenza. Nei grandi allevamenti industriali, le bestie vivono in spazi ristretti e vengono trattate come macchine. I tori vengono castrati senza analgesici, solo pochi animali sono liberi di muoversi all’aria aperta. Il loro nutrimento consiste essenzialmente in mangime concentrato, non di rado mescolato con ormoni e antibiotici che accelerano la crescita, in modo da poter anticipare la macellazione. 
Molte di queste creature muoiono ancor prima di essere condotte al mattatoio. Queste usanze non riguardano solo l’industria dei fast food, ma l’intera filiera di carne convenzionale. Sarebbe meglio mangiare meno carne possibile, ma se non se ne può fare a meno, bisognerebbe orientarsi verso la produzione ecologica (carne biologica), in cui la scelta dei mangimi è disciplinata da rigide norme, atte a garantire condizioni di allevamento decenti. Dal 1996 le multinazionali americane includono anche mangimi modificati nelle loro spedizioni verso l’Europa. Affermano che per risolvere il problema della fame nel mondo abbiamo bisogno della tecnologia genetica, perché consente di produrre maggiori quantità di cibo. In realtà oggi viene prodotto già più nutrimento di quanto possa esserne consumato. In Europa ogni giorno vengono distrutte grandi quantità di alimenti che non possono più essere venduti. L’interessante film “We feed the world”, mostra ad esempio come solo a Vienna ogni giorno venga gettata via una quantità di pane pari a quella consumata a Graz, la seconda città austriaca per grandezza. Il problema non è la penuria di cibo, ma l’iniqua distribuzione delle risorse agricole. La tanto lodata tecnologia genetica non rappresenta quindi una soluzione, anzi, peggiorerebbe le cose perché ci renderebbe tutti più dipendenti dai grandi gruppi industriali. L’obiettivo delle aziende dell’industria genetica è proprio questo: arrivare a controllare l’agricoltura e l’intera produzione alimentare mondiale.
 

Come possono riuscire in questo intento? Innanzitutto facendo brevettare le piante modificate geneticamente e i loro semi, adducendo come giustificazione il finanziamento del settore della ricerca. Ora, per usare le piante ed i semi il contadino è obbligato a pagare una tassa salata di brevetto. Questo vale anche se il contadino ottiene nuovi semi dalle piante, procedimento che, a memoria d’uomo, ha sempre costituito la base dell’attività agricola: il contadino coltiva, ad esempio, grano e utilizza i nuovi semi per la semina successiva. Ora questa procedura viene proibita dalle aziende. La scienziata indiana Vandana Shiva a proposito di questa manovra condotta dalle aziende dice: “In una sorta di contratto di schiavitù, al contadino viene vietato di riutilizzare le sementi, cosa che è sempre stata un suo diritto. La coltivazione in proprio viene considerata fuori legge. Le normali attività contadine vengono classificate come crimini per i quali si può essere perseguiti, puniti e arrestati. Si configura così la minaccia di una nuova forma di schiavitù, nella quale non solo i contadini, ma interi Paesi rischiano di perdere i loro diritti”.
Un’azienda affiliata al gruppo Monsanto ha persino sviluppato un metodo che impedisce alle piante di produrre semi germinabili, chiamata “tecnica terminator”; anziché spazzare via i nemici come nel celebre film interpretato da Schwarzenegger, in questo caso le vittime sono gli agricoltori, costretti a ricomprare ogni anno i semi dall’azienda. I piccoli coltivatori, soprattutto quelli delle zone più povere del mondo, non potranno mai permetterselo. In realtà non avrebbero neanche bisogno delle costose sementi visto che coltivano specie locali di piante, tramandate di generazione in generazione, che prosperano anche in condizioni climatiche difficili. La sopravvivenza di questi piccoli agricoltori è messa a repentaglio dai grandi gruppi industriali che, grazie alla tecnologia genetica, sono effettivamente in grado di produrre quantità di cereali o altri vegetali, per poi venderli a prezzi sensibilmente più bassi rispetto ai coltivatori locali. Così i piccoli agricoltori vengono schiacciati dal mercato e derubati delle basi per la sopravvivenza. Gli OGM quindi non possono in alcun modo essere la soluzione per la fame nel mondo, tutt’al più possono peggiorare il problema.
25 euro. Un numero comune come gli altri. Per questa cifra nell’Africa Occidentale è possibile comprare una vita umana, persino bambini da far lavorare come schiavi. Se uno di questi bambini non è più sfruttabile, magari perché si è ammalato fino al completo sfinimento a seguito dei maltrattamenti subiti e del pesante lavoro fisico, se ne compra uno nuovo. In paesi come il Burkina Fasu e il Mali i genitori sono così poveri da non avere alcuna possibilità di nutrire i propri figli. In questo modo centinaia di migliaia di bambini vivono sulla strada e cercano di cavarsela da soli. Per la strada ci sono però individui che fanno grandi promesse: pasti regolari, un buon lavoro, una formazione adeguata.. La proposta suona allettante. Nella loro disperazione e nella speranza di un futuro migliore, molti ragazze e ragazzi si lasciano abbagliare dalla parole dei trafficanti di uomini e li seguono, spesso molto lontano, fino in altri Paesi, come ad esempio la Costa d’Avorio. In questo Paese, in Ghana, in Camerun e in Nigeria, secondo le stime dell’International Institute of Tropical Agricolture, circa 284.000 bambini lavorano nelle piantagioni di cacao. Dai 10.000 ai 20.000 di loro sono stati comprati come schiavi. Un singolo bambino vale 25 euro. Tanto costa una vita umana. Questi bambini vengono sorvegliati da cani e minacciati con fruste e machete, i bambini lavorano nel caldo soffocante. Non c’è riposo. Sette giorni su sette: dalle sei del mattino alle nove di sera. Le pause non sono consentite.

I più piccoli di loro hanno solo 6 anni. A piedi nudi spingono l’aratro nella terra. Chi si ferisce ha diritto ad uno sputo sulla ferita, come una sorta di disinfettante, per poi continuare a sgobbare. Molti di loro muoiono presto, al seguito dei massacranti lavori pesanti che sono costretti a subire. O semplicemente vengono gettati via come oggetti. Responsabile di queste condizioni è, per quanto assurdo possa sembrare, la ricchezza del Paese, in quanto la Costa d’Avorio è il maggior produttore di cacao nel mondo. L’80% delle importazioni tedesche proviene dall’Africa Occidentale. A rendere schiavi i bambini non è l’avidità dei proprietari delle piantagioni. Molti di loro non hanno scelta, in quanto il margine di profitto dei piccoli agricoltori arriva a malapena a ricoprire le spese per la sopravvivenza. Un’azienda media guadagna 340 euro circa con il raccolto di un anno. Questa cifra è dovuta ai prezzi bassi di mercato dettati dalle grandi aziende alimentari dell’Europa e del Nord America.

Aziende come la Nestlè, Kraft, Ferrero, Mars lavorano il cacao per ottenere la cioccolata. Queste aziende, nelle loro variopinte brochure, si vantano di fare il possibile contro la schiavitù minorile, ma al tempo stesso costringono gli agricoltori a produrre a basso costo. I proprietari delle piantagioni in questa maniera non sono in grado di pagare salari adeguati, e la schiavitù minorile costa loro non più di una ciotola di farinata di mais al giorno. Nel 2001 le aziende alimentari leader nel settore, sotto la pressione dell’opinione pubblica, si impegnarono a far sì che entro il 2005 non ci fossero più bambini schiavi nelle piantagioni dei loro fornitori in Africa. Questo non avvenne. Così venne stabilita un’altra data: il primo luglio del 2008. Tuttavia, nonostante la nuova data stabilita, le aziende continuano a non essere in grado di garantire una completa abolizione della schiavitù minorile nelle piantagioni.
“Chi beve cacao, beve il loro sangue”. Queste le parole del direttore di Save the Children in Mali. La schiavitù esiste dagli albori della storia dell’uomo. Dal 1441 al 1880 i colonizzatori europei riportarono nei loro Paesi 60 milioni di africani dalla Costa d’Avorio. Dal 1960 l’ex colonia francese è indipendente. La tratta dei bambini non è che una nuova forma di schiavitù che si conosce da troppo tempo ormai. Da una stima, si calcola che sarebbero ben 200.000 i bambini impiegati nell’Africa Occidentale come forza lavoro. Il numero di schiavi e lavoratori ad oggi si aggira intorno ai 27 milioni. Una cifra enorme. Altre stime parlano addirittura di 100 milioni di persone. Oltre alle classiche forme di schiavitù, come l’acquisto di un bambino, il rapimento, ne esiste un’altra diffusa: la servitù per debiti. Questa pratica prevede che qualcuno, lavorando senza essere pagato, ripaghi un debito vero o fittizio. In molti casi tale debito obbliga anche le generazioni successive alla servitù. Un caso particolare è rappresentato dalla schiavitù di Stato, come ad esempio a Burma, dove migliaia di uomini, donne e bambini sono utilizzati come schiavi ed impiegati nella costruzione di un metanodotto.
di Davide Caluppi Agenzia Stampa Italia

mercoledì 17 ottobre 2012

MANGIARE BIOLOGICO: LA CONSAPEVOLEZZA BATTE LA CRISI


Un metodo produttivo virtuoso, capace di garantire il benessere dei cittadini, degli animali e dell’ambiente. Complici la genuinità del prodotto o la maggiore sicurezza alimentare, il biologico si è di fatto conquistato a poco a poco ampie fette di mercato e, secondo i dati rilevati dal dossier di AIAB, Coldiretti e Legambiente “Bio, benessere garantito”, sarebbero ben 7 su 10 i consumatori che lo preferirebbero all’acquisto dei generi alimentari convenzionali. Un dato che smentisce la flessione che la crisi ha fatto registrare sulla spesa degli italiani (con una crescita dell’acquisto bio che nel 2011 è stata dell’8,9%), intenti a consumare principalmente uova (+21,4%), prodotti caseari (+16,2%), biscotti, dolciumi e snack (+16,1%) e bevande analcoliche (+16%), oltre all’ortofrutta fresca e trasformata che, con una crescita del 3,4%, resta ancora la categoria biologica più gettonata. Effettivamente il fatturato che il settore biologico registra in Italia non è affatto trascurabile (1 miliardo e 550 milioni di euro l’anno) e interessa ben 1.096.889 ettari di terra, pari al 3% della superficie complessiva mondiale (37 milioni di ettari).

Gli autori del dossier, inoltre, assicurano che la nuova tipologia di consumo, che con armi innocue sta provando a battere la crisi, garantisce “un cibo di qualità con attenzione verso il terreno, l’acqua, la biodiversità, il clima, gli animali, l’agricoltore e, alla fine della filiera, il cittadino”. “Sono queste le basi del consumo critico e consapevole – hanno dichiarato AIAB, Coldiretti e Legambiente – che permette ai consumatori di scegliere quello che vogliono mangiare in termini di qualità, sostenibilità ambientale e rispetto della tradizione alimentare. Un modello di produzione e distribuzione differente che è divenuto ormai una risposta concreta alla crisi”.