FRODI ALIMENTARI: SEQUESTRATI FALSI PRODOTTI BIOLOGICI

La Guardia di Finanza di Verona ha sequestrato fabbricati e terreni per un valore di oltre 2,7 milioni di euro all'amministratore di una società per azioni di Casaleone (Verona).

COLTIVARE LE TERRE ABBANDONATE

La proposta di Marco Tacconi è semplice, ci sono tantissimi terreni agricoli incolti e abbandonati, perchè non sollecitare i proprietari che sono interessati a metterli a disposizione?

AIUTIAMO I BAMBINI A MASTICARE LENTAMENTE

Questa maledetta fretta e l’abitudine del “mordi e fuggi”, trasferita ormai anche all’alimentazione, ci portano a ingoiare il cibo invece di masticarlo. Complici anche i tanti prodotti alimentari di cui la pubblicità decanta la sofficità che, una volta messi in bocca, scivolano difilato giù nello stomaco.

GLI ORTI SPUNTANO PURE NELLE AZIENDE

Gli orti urbani hanno ormai superato la fase di semplice moda se, secondo i dati della Coldiretti, circa 21 milioni di italiani che stabilmente o occasionalmente coltivano l’orto o curano il giardino.

TORINO E' LA CITTA' DEI VEGANI

Torino è una città veg. Parlare di numeri non è semplice, ma i vegani a Torino sono tanti, tantissimi. «Forse più che qualsiasi altra città, basta vedere quanti punti vendita di cibo vegano ci sono, e non solo cibo».

giovedì 24 ottobre 2013

LE COSE DA NON MANGIARE

Se seguita correttamente, una dieta vegana equilibrata riesce a essere molto ricca e varia, e non noiosa a lungo andare come in tanti pensano. Sono tantissimi glialimenti che si possono scegliere per il proprio menu quotidiano, ma cosa non si deve mangiare?


Le cose da non mangiare, soprattutto se si è intransigenti, sono comunque tante. I vegani non mangiano pesce, carne, salumi, insaccati, formaggi, latte animale, uova, cereali non integrali e derivati preparati con farine 00 non integrali, burro, miele, pasta all’uovo, bevande alcoliche e cioccolato prodotto con latte animale. In questo caso è possibile optare per il cioccolato fondente o quello prodotto con latte vegetale.

È anche da evitare lo zucchero bianco o lo zucchero di canna che non riporta la dicitura “adatto ai vegani” poiché tradizionalmente viene filtrato con filtri di origine animale. Niente caffè, tè, ma questa è una scelta salutare più che etica, birra, vino e superalcolici in generale. Se proprio non si riesce a resistere alla birra, è possibile acquistarne di qualche marca approvata dai vegan.

Com’è possibile notare, le categorie di alimenti escluse da un vegano sono molte, ma è comunque possibile ugualmente seguire un regime alimentare corretto e salutare scegliendo le giuste alternative ai prodotti di origine animale. Attenzione soprattutto a non dimenticare le proteine, gli aminoacidi, i sali minerali e le vitamine. Si sottolinea inoltre che l’apporto di ferro nella dieta vegana è più basso rispetto a coloro i quali seguono un’alimentazione onnivora, dato che il ferro è contenuto soprattutto in carne e pesce.

Infine, attenzione anche al calcio, dato che i vegani non mangiano latte e latticini se non di origine vegetale. In questo caso è bene sostituirli con succhi di frutta, latte di soia, polpa di pomodoro, tofu e verdure quali cavoli e broccoli. Chi soffre comunque di una carenza di calcio può scegliere anche gli appositi integratori, da assumere però sotto consiglio del medico.

LA DIETA ALCALINA E' UNA BUFALA

Si sta diffondendo e guai a parlarne male: la “dieta alcalina” sta monopolizzando le discussioni delle signore durante i giri di gin rummy. Si tratta di un regime alimentare secondo cui bisognerebbe mangiare cibi in grado di evitare l’ “acidizzazione” del sangue, mantenendo elevato il livello del Ph. L’acidizzazione sarebbe responsabile di varie malattie – tra cui la triade artrite, diabete e cancro. Riportano alcuni post su Facebook, a nome di tale “Dr” Robert O. Young, che l’invecchiamento potrebbe essere nient’altro che “un’acidizzazione del corpo”. E la teoria viene propinata da neo-santoni di varia estrazione, menti rapide a cogliere la direzione dei venti, e a far salire aquiloni di liste con cibi “basici” e “acidi”, e inviti a diffidare dell’ “industria alimentare” e della “scienza ufficiale”. Perché, affinché dall’aquilone cadano denari, i signori devono fare in modo che della “scienza ufficiale” non ci si fidi.


Eppure, il creatore del tutto – il tale Robert O. Young – ha dato il massimo per cercare di avere un riconoscimento dalla “scienza ufficiale” che ora tanto viene ignorata. Riporta Wikipedia – e quindi riportiamo l’informazione con tutte le cautele del caso – che Young avrebbe ottenuto una laurea in “biologia e business” nei primi anni Settanta presso l’Università dello Utah, grazie a una borsa di studio tennistica. Lo stesso Young riporta poi di aver ottenuto il resto dei diplomi – master e Ph.D. presso il “Clayton College of Natural Health”, una scuola online che non è mai stata riconosciuta né in Usa, ne è all’estero, chiusa nel 2010 e sotto processo per truffa (non ha rimborsato gli studenti che avevano pagato i corsi on-line interrotti).
Si potrebbe pensare che la preparazione sia una credenziale necessaria per valutare l’affidabilità scientifica di un dietologo, ma in Italia spesso non è così. Si vede già la “dieta alcalina” prendere la traiettoria delle teorie anti-cancro propinate da professori in lettere et similia. Perché gli adepti ne parlano già con tono da religione. È comprensibile: in fondo, c’è bisogno di credere. Al posto di una realtà dura e complessa – il cancro colpisce tutti e spesso ingiustamente, e poi sì, tutti invecchiano e muoiono – ci si affida alle idee strampalate di Robert O. Young.

In fondo, poi, la dieta alcalina non fa male. S’invita a mangiare più verdura e frutta, anche se non tutta: evitate per carità l’aranciata e le banane, ma solo quelle verdi (quelle mature vanno bene). Limitate la carne, i lamponi e il melograno. Se proprio siete dei fanatici, Robert O. Young sul suo sito vende anche un dispositivo per alcalinizzare l’acqua (654 dollari – niente in confronto a quanto costerebbe una cura oncologica), oltre a integratori di “basic greens” e di arginina (ignoriamo qui che l’arginina si vende in Italia da decenni, ma tant’è). Se ancora non siete convinti, date allora un’occhiata a tutte le persone che stanno facendo la dieta: secondo il mail tra le fedeli si contano Victoria Beckham, Gwyneth Paltrow, Kirsten Dunst, Jennifer Aniston.
Basterà poi ignorare altre cose. Per esempio che sì, è vero che i cancri si sviluppano in ambienti “acidi”, ma che l’acidità è causata dal cancro stesso. Che poi qualsiasi cibo quando raggiunge lo stomaco è immerso in un ambiente notoriamente acido, e che si trasforma e tutto il ragionamento di Robert O. Young salta. Che il corpo regola automaticamente l’acidità e che variare il Ph è un’illusione; e che se ci si riesce – ingurgitando per esempio bicchierate di bicarbonato di sodio – l’effetto è transitorio e minimo (se mai). Ed è bene che sia così, perché altrimenti moriremmo. 

Perché a una conferenza in cui si parlava di tutt’altro una ragazza mi ha detto «se il Ph scende sotto a 5 stai malissimo», mentre un astante annuiva. Il ph normale del sangue è 7,4 e variazioni minime (di 0,1, per esempio) sono possibili per pochi minuti senza danni, prima che tutto si regoli nuovamente (e l’alimentazione c’entra assai poco). Il problema è che – con buona pace della ragazza – se il Ph scende sotto 6,8 o sopra 7,8 c’è la morte – e le variazioni dipendono da qualche infezione, malattia o danno a qualche organo, non dalla povera aranciata.

Eppure, c’è chi ci crede. In Italia è sbarcato un nuovo libro sul “miracolo” (sic) del Ph Alcalino. La casa editrice è la stessa che ha pubblicato altri capolavori quali “Lasciati guidare dai numeri – La scienza spirituale della numerologia”, “Karma e reincarnazione” e il supremo “Tu sei Dio – Prendine atto!”. E mentre la ragazza parlava, l’astante l’ha interrotta per parlare del fungo “ganoderma lucidum”, che cresce su un albero ogni 10.000 in Giappone, ma che rende pressoché immortali. E che adesso lo mettono nel caffè, e lo fa un’azienda americana che fattura 80 milioni di dollari grazie al “multilevel marketing”. È lo steso sistema del tubo Tucker. Funghi e diete alcalinizzanti: se ci credete, andate e fate. Ma non vi lamentate se non ci credono tutti, per cortesia. E via al prossimo giro di Gin Rummy.

Twitter: @RadioBerlino

LA GUERRA ALL'OLIO



ALLARME EPATITE A NEI FRUTTI DI BOSCO SURGELATI

Dopo l’ennesimo caso di ritrovamento del virus a Torino, Coldiretti interviene e vuole “chiarezza“, vuole sapere al più presto da dove arrivano i frutti di bosco incriminati che hanno già portato ad un rogatoria in Polonia, Ucraina, Bulgaria e Canada.Per ora l’ultimo caso di confezioni contaminate dal virus è commercializzata da La Valle degli Orti per conto di Buitoni di proprietà della multinazionale Nestlé. Di fronte ad una escalation di allarmi alimentari provenienti dall’estero, Coldiretti chiede che sia obbligatorio l’inserimento della provenienza sulle etichette di ogni prodotto alimentare, sopratutto della frutta.


Il procuratore Raffaele Guariniello

GRAZIE ALL’INTERVENTO DI COLDIRETTI, il procuratore Raffaele Guariniello ha fatto eliminare dal mercato i prodotti potenzialmente dannosi.Contando l’ultimo caso scoperto a Torino sono sei le confezioni di frutti di bosco congelati contaminate dal virus dell’epatite A. La scoperta di queste contaminazioni ha portato a indagare cinque persone per commercializzazione di alimenti pericolosi per la salute.In risposta all’allarme, la Nestlè è rimasta “sorpresa“ spiegando che aveva effettuato tutti i controlli necessari e chiedendo la ripetizione del test della procura che fu effettuato su un campione prelevato il 9 settembre in un centro Ipercoop di via Livorno a Torino. La richiesta arriva perché l’azienda “reputa ci siano gli estremi per ritenere che si possa trattare di un falso positivo”.Inoltre l’azienda sottolinea che: “In ogni caso, a seguito della notifica delle autorità sanitarie, Nestlè sta attivando le procedure necessarie al ritiro del lotto Frutti di Bosco Valle degli Orti Numero 3144088803 Data di Produzione 24 Maggio 2013 Scadenza Maggio 2015. [...] Tutti gli altri surgelati La Valle degli Orti sono da ritenersi come assolutamente sicuri per consumo”.

venerdì 11 ottobre 2013

SPETTERA' AL "NERO DI TROIA" RAPPRESENTARE LA PUGLIA A "MILANO GOLOSA"

Vino tipico del Gargano, il Nero di Troia è stato ultimamente rivalutato. Ottenuto da uve di Troia, località dell’ entroterra garganico, il Nero di Troia è un vino rosso menzionato tra i vini più antichi della regione Puglia.

Grazie al grande interesse mostrato dall’enologia internazionale verso le produzioni vinicole autoctone, i vini pugliesi sono riusciti a conquistare una posizione di grande rilievo tra i vini tipici dello Stivale.

Il vitigno Nero Troia, contraddistinto dall’ elevato carattere tannico delle sue uve, si presta benissimo alla commistione con altri vitigni locali: dall’ integrazione del vitigno Nero di Troia con i vitigni Montepulciano e bombino bianco, nasce il famosoCacc’e Mmitte di Lucera, un vino dal sapore deciso che si accompagna perfettamente ai piatti pi๠saporiti della tradizione culinaria pugliese.

Le uve Nero di Troia conferiscono al vino del Gargano un colore rosso rubino intenso e un profumo fruttato che ricorda le bacche selvatiche del Parco Nazionale del Gargano che incontrano l’ inebriante essenza di zagare sprigionata dalle piantagioni di agrumi che dominano le colture della zona.

Rispecchiando a pieno il carattere della sua terra, il vitigno Nero di Troia, dona ai vini del Gargano un sapore particolarmente deciso, tannico, dolce e allo stesso tempo agrumato, quindi arricchito da note leggermente aspre.

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Nell’ambito del circuito ‘Fuori Milano Golosa’, le più prestigiose cantine d’Italia saranno ospitate da 11 esercizi selezionati in occasione degli HappyMovinDinner, appuntamenti durante i quali si tenterà di rispondere all’eterno dilemma: ‘Nord e Sud, grande sfida o straordinario connubio?’

Per cercare una risposta allo stuzzicante quesito i ristoranti (elenco completo su www.movimentoturismovino.it), allestiranno una degustazione (costo 20euro) che vedrà confrontarsi 2 golose coppie: un vino caratteristico di una regione del Nord abbinato a un piatto tipico del Sud contro un vino simbolo di una regione del Sud abbinato a un piatto tipico del Nord.

In particolare la Puglia sarà protagonista venerdì 11 ottobre nella Trattoria ‘Casa Fontana 23 risotti’ (Piazza Carbonari, 5 – Tel. 02.6704710) in un appassionante duello enogastronomico contro il Veneto. A rappresentare il mondo enoico pugliese ci sarà il ‘Nero di Troia’, vitigno di straordinaria personalità le cui origini, secondo la leggenda, risalgono persino all’eroe della mitologia greca Diomede e che oggi, insieme a Negroamaro e Primitivo, rappresenta uno dei simboli enologici di questa regione in Italia a all’estero.

“Un’occasione in più per portare la Puglia enoica sulle tavole meneghine – afferma il presidente del Movimento Turismo del Vino Puglia Sebastiano de Corato – integrando il progetto di promozione che, proprio nel mese di ottobre, vedrà i vini di Puglia presenti in importanti enoteche e ristoranti della città”.

A decretare la coppia vincitrice e l’abbinamento migliore saranno gli appassionati golosi che vorranno deliziare i loro palati, assaggiando e degustando insoliti e sicuramente indimenticabili abbinamenti. Per tutto il mese di ottobre i vini continueranno ad essere al centro dell’attenzione dei winelover milanesi grazie all’evento ‘Puglia top wine destination’, che vedrà la presenza delle migliori etichette della regione in ben 16 enoteche della città meneghina, con happy hour a tema e degustazioni guidate (info www.mtvpuglia.it).

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10 DOMANDE FREQUENTI SUL BIOLOGICO

1. Cos’è biologico?
L’insieme delle pratiche di produzione di alimenti biologici (regolamentata a livello europeo) che fanno si che il prodotto biologico viene ottenuto senza uso di pesticidi, fertilizzanti sintetici, organismi geneticamente modificati, radiazioni ionizzanti e, nel caso di prodotti animali, senza somministrare antibiotici e ormoni della crescita. 

2. Che differenza c’è fra biologico e convenzionale?
Produrre rispettando la natura e l’uomo: con questa finalità è nata e si è diffusa l’agricoltura biologica. Il metodo predilige l’uso di risorse rinnovabili, il recupero ed il riciclo. L’adozione di tecniche di lavorazione che migliorano la struttura del terreno, l’introduzione di siepi ed alberature, le rotazioni e l’avvicendamento delle colture, i sovesci e le consociazioni, il compostaggio dei prodotti di scarto sono i principali strumenti usati per mantenere l’equilibrio biologico del suolo e della micro-fauna. La scelta dei fertilizzanti tiene conto delle preziose funzioni vitali che la sostanza organica svolge nel terreno.
Fare agricoltura biologica inoltre significa, in base alle norme europee:
– non usare sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere);
– ammettere solo i concimi organici (letame, compost) o minerali e tecniche di lavorazione dolci;
– non utilizzare coloranti ed aromi di sintesi nella produzione di alimenti trasformati.
Nell’allevamento del bestiame il metodo biologico presta attenzione al benessere degli animali, lasciandoli pascolare in spazi aperti e limitando la densità dei capi allevati. L’alimentazione si basa su foraggi biologici e le malattie sono curate con farmaci omeopatici.

3. Che differenza c’è fra biologico e biodinamico?
I Prodotti biodinamici sono ottenuti, innanzitutto, nel pieno rispetto delle norme dell’Agricoltura biologica, cioè controllati e certificati in base al Reg CE 2092/91. Inoltre devono essere coltivati rispettando i principi dell’agricoltura biodinamica derivanti dagli insegnamenti di Rudolf Steiner (1861-1902) e ormai consolidati in decenni di sperimentazione. In particolare l’azienda che pratica l’agricoltura biodinamica è considerata un organismo vivente, dove la produzione vegetale si integra con l’allevamento animale che fornisce il giusto concime per le coltivazioni. Tiene conto inoltre dei cicli astronomici e lunari nel calendario delle lavorazioni. Il terreno è trattato come un enorme laboratorio, “dinamizzato” con preparati a base di sostanze naturali e letame per incrementare la sua vitalità e le sue difese. Per approfondire l’argomento visita Agricoltura Biodinamica.

4. Come riconosco i prodotti biologici?
L’etichetta ha un ruolo fondamentale. Se sull’etichetta di un prodotto c’è scritto: proveniente da agricoltura biologica – regime di controllo CEE, controllato da Aiab, Suolo e Salute, Bioagricoop, Ccpb, Codex, Ecocert Italia, Imc, Qc&i o Bios, e segue un codice di riconoscimento come

Organismo di controllo autorizzato da Mi.P.A.A.FOperatore controllato n.
IT BIO 712 A 115


IT è un codice ISO che identifica il biologico in base al Regolamento CE 271/10, 712 è il codice numerico dell’organismo di controllo e certificazione, A115 è il codice dell’operatore/produttore/…/….
Un’importante novità introdotta dal Reg. CE 271/10 è la presenza in etichetta del luogo di coltivazione degli ingredienti del prodotto biologico. Di conseguenza saranno aggiunte, a seconda del caso, le diciture: AGRICOLTURA UE (per prodotti coltivati in uno dei paesi comunitari), AGRICOLTURA NON UE, AGRICOLTURA UE/AGRICOLTURA NON UE (qualora siano presenti sia prodotti coltivati in paesi comunitari che in paesi non comunitari). Per maggiori informazioni visita Riconoscere il Bio.

5. Come so che è biologico un prodotto sfuso?
A. Se un negoziante spaccia per prodotto biologico, un prodotto che non lo è commette un reato punibile dalla legge.
B. I contenitori dei prodotti (le cassette della frutta per esempio) devono riportare tutte le voci come le etichette dei prodotti confezionati.
C. Il consumatore ha diritto, e non solo nel caso dei prodotti biologici, a chiedere di visionare i certificati che hanno accompagnato la merce nel trasporto
D. Avere un rapporto di fiducia col negoziante è molto importante.
E. Acquistare da rivenditori che trattano esclusivamente prodotti biologici certificati è una garanzia.

6. Il cibo biologico è migliore di quello convenzionale?
Chiaramente questo è l’aspetto centrale che, attualmente, spinge molti cittadini verso un’alimentazione biologica. Su questo punto l’americana Soil Association si esprime in maniera netta e tutt’altro che ambigua, quando va ad affermare che “i prodotti biologici contengono meno sostanze nocive (come pesticidi, ecc.) e più sostanze nutritive (come vitamine, sali minerali e antiossidanti). Alcuni studiosi sottolineano che queste differenze più che essere dovute alle modalità di produzione siano legate alla varietà (cultivar) di pianta che viene coltivata, ma la scelta di varietà ottimali (anche in base alle caratteristiche climatiche e del terroir) è uno dei punti focali su cui si articola l’agricoltura biologica; altri affermano che, pur essendo meno presenti alcuni nutrienti negli alimenti convenzionali, tali nutrienti non risultano comunque carenti in persone che non consumano biologico. Di sicuro alcuni metaboliti secondari delle piante (i fenoli), con proprietà antiossidante, sono maggiormente presenti nella frutta e verdura biologica; la pianta produce tali sostanze come autodifesa dai parassiti, per cui tende ad “impigrirsi” laddove vengono utilizzati pesticidi chimici.

7. Può l’agricoltura biologica sostituire completamente l’agricoltura convenzionale?
Premesso che non è un problema attuale, cioè che si è ben lontani dalla possibilità che si verifichi (oggi la quantità di prodotti biologici è risibile rispetto a quella di cibi convenzionali), è comunque una domanda da porsi in un ottica di programmazione futura e di valutazione della sostenibilità. Una ricerca della durata di 21 anni, condotta dall’Istituto di Ricerca sull’agricoltura biologica di Frick, in Svizzera, porta a concludere che rispetto all’agricoltura convenzionale si ha una produzione inferiore di circa il 15-20%. D’altro canto un’altro studio a lungo termine, effettuato dal Rodale Institute di Kutztown in Pennsylvania, ha riscontrato una pressochè identica produttività dei metodi convenzionale e biologico di coltivazione (mais e soia). L’agricoltura biologica, per fare a meno di pesticidi e concimi azotati, ricorre a tecniche quali la rotazione delle colture (sullo stesso appezzamento di terreno si ruota la tipologia di pianta coltivata, per sottrarre ai parassiti un habitat stabile in cui proliferare) e la coltivazione di legumi o altri vegetali in grado di fissare sufficienti quantità di azoto nel terreno (chiaramente, in questi periodi, tali appezzamenti terrieri non sono commercialmente produttivi). Cosicchè possiamo affermare che, ad oggi, la produttività della coltivazione biologica è inferiore a quella convenzionale. Quali sono le conseguenze di tale affermazione? Calcolando che buona parte delle coltivazioni riguarda cibo per animali, una già minima riduzione del consumo di carne da parte della popolazione (peraltro consigliata da un punto di vista medico) potrebbe azzerare lo svantaggio e rendere quindi sostenibile l’agricoltura biologica su larga scala.

8. Perchè i prodotti biologici costano di più rispetto a quelli convenzionali?
Sgombriamo subito il campo da alcuni equivoci: già ora, intervenendo sulle nostre abitudini da consumatori e acquirenti di prodotti, ad esempio organizzandosi in Gruppi di Acquisto Solidale o comunque attraverso un rapporto diretto col produttore, possiamo ottenere prodotti biologici a prezzi concorrenziali e talvolta inferiori rispetto ai prodotti convenzionali. Detto questo è comunque vero che andando a comprare nei negozi è riscontrabile, mediamente, un prezzo maggiore del biologico. Questo per diversi motivi. Innanzitutto viene corrisposto al produttore un compenso equo rispetto al lavoro svolto. In secondo luogo il prezzo finale del prodotto bio contiene il totale del costo di produzione, ivi incluso il costo ambientale. Infatti mentre l’agricoltura biologica implica un lavoro maggiore (e quindi maggiori spese) legato alle tecniche di coltivazione che consentono di evitare l’immissione nel terreno, nelle falde acquifere e nell’aria di sostanze tossiche, l’agricoltura intensiva convenzionale scarica sulla collettività tali spese (a partire dai costi di depurazione delle falde acquifere).

9. Gli alimenti biologici hanno un sapore migliore?
Qui entriamo in un ambito in cui le preferenze individuali la fanno da padrone. Ciò che possiamo dire è che sempre più attori del settore alimentare, in particolare cuochi, scelgono di utilizzare cibi bio nella preparazione delle pietanze, attribuendo ad essi migliori proprietà organolettiche. Chiaramente non è possibile fare un discorso generalizzato, anche in virtù delle differenze fra ciascun singolo produttore.

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MANGIARE BIO: UNA SCELTA SEMPLICE SEMPLICE

Sono molteplici i motivi che spingono una persona informata a scegliere un’alimentazione biologica; qui cercheremo, in poche righe e senza avere pretese di completezza, di rendere conto di tali motivazioni. Innanzitutto un’alimentazione biologica è un’alimentazione sana: i prodotti biologici infatti sono quelli che, “dal campo alla tavola”, non vengono mai a contatto con pesticidi e additivi chimici nocivi all’uomo e all’ambiente e, grazie al metodo totalmente naturale con il quale vengono coltivati e trasformati, mantengono inalterato l’equilibrio tra sali minerali, vitamine e proteine che sono per noi gli elementi nutrizionali essenziali.

E’ un’alimentazione sicura visti i periodici controlli ai quali i prodotti sono sottoposti, in ogni fase della loro produzione, dagli organismi di controllo riconosciuti ed incaricati della loro certificazione.
Un’ alimentazione basata su cibi biologici quindi non solo nutre meglio ma ci protegge da pericolose carenze nutrizionali dando un valido aiuto al nostro sistema immunitario: i prodotti ottenuti con l’agricoltura convenzionale risultano infatti impoveriti dall’impiego dei concimi azotati (che determinano la diminuzione del valore biologico delle proteine), dei concimi potassici (che abbassano il magnesio e i minerali) e dei concimi fosfatici (che danno una minore quantità di vitamine).
Nei prodotti biologici non sono ammessi conservanti e coloranti ma soltanto additivi di sicura origine naturale.
Per la Normativa Europea, inoltre, i cibi bio non possono contenere organismi geneticamente modificati.
Analisi effettuate su alimenti da coltivazione biologica hanno evidenziato valori di sostanza secca, vitamine e minerali superiori rispetto ai valori consueti degli alimenti da coltivazione convenzionale.
Il cibo biologico inoltre è migliore perchè rispetta la stagionalità: non si possono paragonare infatti gusto e sapore di frutti o verdure colti e mangiati nel periodo della loro naturale crescita con gusto e sapore di prodotti ottenuti in serra.
Con il biologico l’ambiente ringrazia perchè una minore quantità di sostanze chimiche riversate nell’ambiente comporta acqua più pulita e non contaminata dai residui delle coltivazioni, terra vitale e produttiva, rispetto della vita e della biodiversità in relazione agli animali e alle piante.

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