FRODI ALIMENTARI: SEQUESTRATI FALSI PRODOTTI BIOLOGICI

La Guardia di Finanza di Verona ha sequestrato fabbricati e terreni per un valore di oltre 2,7 milioni di euro all'amministratore di una società per azioni di Casaleone (Verona).

COLTIVARE LE TERRE ABBANDONATE

La proposta di Marco Tacconi è semplice, ci sono tantissimi terreni agricoli incolti e abbandonati, perchè non sollecitare i proprietari che sono interessati a metterli a disposizione?

AIUTIAMO I BAMBINI A MASTICARE LENTAMENTE

Questa maledetta fretta e l’abitudine del “mordi e fuggi”, trasferita ormai anche all’alimentazione, ci portano a ingoiare il cibo invece di masticarlo. Complici anche i tanti prodotti alimentari di cui la pubblicità decanta la sofficità che, una volta messi in bocca, scivolano difilato giù nello stomaco.

GLI ORTI SPUNTANO PURE NELLE AZIENDE

Gli orti urbani hanno ormai superato la fase di semplice moda se, secondo i dati della Coldiretti, circa 21 milioni di italiani che stabilmente o occasionalmente coltivano l’orto o curano il giardino.

TORINO E' LA CITTA' DEI VEGANI

Torino è una città veg. Parlare di numeri non è semplice, ma i vegani a Torino sono tanti, tantissimi. «Forse più che qualsiasi altra città, basta vedere quanti punti vendita di cibo vegano ci sono, e non solo cibo».

venerdì 30 novembre 2012

FARE LA BONIFICA DEI TERRENI INQUINATI CON I FIORI

La bonifica dei terreni inquinati? La fanno i fiori
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Una ricerca dell'università di Warwick
Prodotte anche nanoparticelle di platino e arsenico, utili per trattamenti contro il cancro
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Un consorzio di ricerca britannico guidato dal Warwick Manufacturing group (Wmg) dell'università di Warwick ha avviato un programma da 3 milioni di sterline chiamato "Cleaning land for wealth" (Cl4W), "Pulire la terra per il benessere" che utilizzerà delle specie di fiori comuni per bonificare i terreni inquinati e per produrre nanoparticelle di platino ed arsenico da utilizzare nei convertitori catalitici, nei trattamenti per il cancro e in una serie di altre applicazioni.

Questo "Sandpit exercise" voluto dall'Engineering and physical sciences research council (Epsrc) mette insieme ricercatori del Wmg e dell'università di Newcastle, Birmingham, Cranfield ed Edimburgo che condividono tecnologie e competenze per elaborare un innovativo progetto di ricerca multidisciplinare che potrebbe contribuire a risolvere le sfide tecnologiche e ambientali delle bonifiche dei siti contaminati.

La "Phytoremediation" (fito-bonifica) è un procedimento che utilizza le piante di assorbire i veleni e metalli pesanti dal terreno e per imprigionarli nella parte aerea della pianta. Per questo già da tempo alcune specie vegetali vengono impiegate spesso nelle strategie di bonifica, tra queste ci sono anche gli alyssum, specie di origine europea composta da piante erbacee annuali e perenni o piccoli arbusti che hanno foglie ovali e fiori bianchi e gialli

Il consorzio metterà in atto le diverse ricerche che puntano ad utilizzare le piante e batteri per assorbire particolari elementi e sostanze chimiche e metterà in atto le tecniche necessarie a raccogliere ed utilizzare i materiali. Per dimostrare la fattibilità della bonifica naturale dei siti è già stato messo a punto un metodo che sembra molto promettente e che utilizza specie comuni di fiori e piante come l'alyssum per rimuovere sostanze chimiche tossiche come l'arsenico e il platino dai terreni e corsi d'acqua inquinati, permettendo potenzialmente di recuperare e riutilizzare il terreno bonificato.

Già da solo questo sarebbe un risultato importante, ma mentre la sperimentazione andava avanti i ricercatori hanno scoperto di aver trovato qualcosa che permetterebbe di ottenere molto di più di una semplice bonifica dei suoli. Il responsabile del progetto, Kerry Kirwan, del Wgm, spiega che «I processi che sono in via di sviluppo non solo rimuovono veleni come l'arsenico e il platino dai terreni e corsi d'acqua contaminati, siamo anche sicuri di poter sviluppare processi biologici e bioraffinazione (o biofactories) che possano determinare le forme e le dimensioni delle nanoparticelle dei metalli che producono. Questo darebbe ai produttori di convertitori catalitici, sviluppatori di trattamenti contro il cancro e di altre tecnologie, i materiali necessari esattamente delle giuste forme, dimensioni e funzionalità di cui hanno bisogno, senza un successivo affinamento. Durante lo tesso processo di bioraffinazione ci attendiamo anche di recuperare dalle coltivazioni altri materiali ad alto valore aggiunto, utilizzabili come prodotti della chimica fine, prodotti farmaceutici, anti-ossidanti, eccetera».

giovedì 29 novembre 2012

SIAMO IN UN REGIME DI DECRESCITA...INFELICE

Sarà Natale solo per i ricchi:
e Monti voleva salvare l'Italia ?

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La situazione «sta diventando oramai insostenibile», e purtroppo «si cominciano già a registrare i primi focolai di violenza, perché in molte realtà le persone sono disperate, non ce la fanno più, non ci sono più punti di riferimento».
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riflessione di Fabio Salviato, fondatore di Banca Etica
fonte: Libre

Dopo un anno di cura Monti, il malato Italia sta molto peggio. E il Professore rimedia un bel 4 in pagella. A giudicarlo è Fabio Salviato, fondatore di Banca Etica. Siamo in regime di «decrescita infelice», dice Salviato, «mentre la “decrescita felice” avrebbe potuto generare circuiti virtuosi», capaci di garantire «milioni di nuovi posti di lavoro». Come spiega Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita (cioè: taglio degli sprechi e aumento del lavoro utile), sono enormi i margini economici assicurati da settori strategici come l’energia pulita, la riconversione ecologica del patrimonio edilizio e la gestione dei rifiuti basata sull’industria del recupero e del riciclo della materie prime. A un anno dall’insediamento del super-tecnocrate della Bocconi, riflette Salviato, i media restano morbidi: riconoscono a Monti di aver risollevato l’immagine internazionale dell’Italia. Ma a che prezzo? Come dire: l’operazione è riuscita, ma il paziente è morto.
Risale esattamente a un anno fa, ricorda Salviato sulle pagine di “Roma Sette” – newsmagazine cattolico della diocesi romana – l’appello inviato a Monti all’indomani dell’incarico ricevuto da Napolitano. Titolo: “Le ossa e la polpa”. «Auspicavo un governo e un’azione che lui stesso aveva definito come fatto di “rigore ed equità”», ricorda Salviato. «E, nell’augurare buon lavoro, avevo indicato una serie di settori dove il governo avrebbe potuto incidere proprio sulla “polpa”, nel tentativo di fare cassa e quindi cercare di far quadrare i conti». Nel mirino, l’evasione fiscale (125 miliardi di euro) e la tassazione dei capitali all’estero: «Mi riferivo in particolare all’accordo che Germania, Austria, Inghilterra hanno già fatto con i loro cittadini che detengono capitali mobiliari in Svizzera, proponendo una imposta del 20% per chi dichiarasse i propri capitali all’estero». Per l’Italia si trattava di incassare entrate per almeno 40 miliardi di euro, «dieci in più della prima manovra denominata Salva-Italia», e che – anziché “salvare l’Italia”, l’ha tramortita, tagliando le pensioni e aumentando le tasse.
Ricevuta dalla Svizzera la lista dei super-evasori, invece di «applicare l’imposta del 20% sui 500 miliardi di capitali detenuti da risparmiatori italiani in Svizzera», il ministro-banchiere Corrado Passera «ha provveduto a costituire una commissione sul tema», ovviamente arenatasi tra i corridoi del Palazzo. «Nel frattempo – continua Salviato – in Svizzera le cassette di sicurezza sono esaurite e quindi le banche hanno provveduto a prenotare tutte le cassette di sicurezza di alberghi e ristoranti, e ogni giorno la polizia di frontiera blocca la fuga continua di capitali all’estero». Per non parlare poi dei capitali tranquillamente al riparo nei paradisi fiscali: «Ma anche lì, se i G8 volessero, si potrebbe cominciare a stabilire qualche regola di trasparenza, se non altro per identificare i capitali frutto del lavoro di imprenditori e famiglie rispetto ai capitali che provengono da attività illecite, commercio di droga, mafie».
A noi invece è toccata l’infame “spending review”, che non sfiora le spese folli per i cacciabombardieri F-35 mentre non risparmia i malati di Sla, 100 milioni di euro «vergognosamente tagliati, alla faccia dell’equità». In compenso, Monti ha recuperato ha “fiducia” internazionale nei confronti dell’Italia. Ma la fiducia di chi: degli sciacalli finanziari che avevano messo alle corde il paese, fino a sottoporlo al ricatto europeo del Fiscal Compact, che prevede l’aberrante introduzione del “pareggio di bilancio”? E nel frattempo, il debito pubblico è aumentato. Inevitabile? «Assolutamente no», protesta Salviato: «Bastava valutare adeguatamente le buone pratiche proposte e realizzate dalla finanza etica: forse avremmo potuto invertirlo, quel trend, utilizzando strumenti innovativi e scambiando servizi e attività con parti di debito pubblico, non solo nel campo sanitario e sociale, ma in tutti i settori».
Gli italiani, aggiunge Salviato, avrebbero capito: «Hanno sempre saputo rispondere nei momenti di crisi». Invece, il debito pubblico ormai viaggia verso i 2.000 miliardi di euro. «Vorrei semplicemente ricordare che il totale del risparmio accumulato da famiglie e imprese in Italia è di 8.000 miliardi di euro, cioè quattro volte di più», aggiunge il fondatore di Banca Etica, preoccupato per la voragine della disoccupazione, in continuo aumento: sono ormai 3 milioni i disoccupati ufficiali, «ma in realtà i veri disoccupati sono almeno il doppio, con punte al Sud Italia di giovani disoccupati, soprattutto donne, che superano il 50%». La situazione «sta diventando oramai insostenibile», e purtroppo «si cominciano già a registrare i primi focolai di violenza, perché in molte realtà le persone sono Maurizio Pallantedisperate, non ce la fanno più, non ci sono più punti di riferimento».
Tutto questo, mentre ancora il governo straparla di “crescita” e “sviluppo”, ignorando deliberatamente l’unica economia che farebbe crescere il lavoro: quella – paradossalmente – della decrescita selettiva del Pil, che aumenta i fatturati e i posti di lavoro là dove si investe per tagliare gli sprechi. Esempio: la filiera produttiva (ed ecologica) dei rifiuti da riciclare e recuperare, archiviando discariche e inceneritori tossici. Oppure: il colossale capitolo del risparmio energetico, che darebbe lavoro a migliaia di aziende edilizie, pagate – attraverso nuove formule contrattuali – col semplice risparmio ottenuto coibentando meglio abitazioni, uffici e fabbriche. Manutenzione del territorio: è un’Italia dolorante, che frana e si allaga, ma il governo punta ancora sulle Grandi Opere Inutili come la devastante Torino-Lione, di cui persino la Corte dei Conti francese consiglia l’abbandono: progetto insensato, diseconomico, costosissimo e totalmente superfluo. Quanto ai costi politici della “casta”, aggiunge Salviato, siamo sui 24 miliardi di euro: «Una cifra scandalosa, che andava sicuramente rivista e rimodulata».
Eppure, in vista del Natale e delle vacanze c’è un’Italia che ancora affolla gli alberghi, dove si registra il tutto esaurito. «Questa è un’altra Italia, che non è stata toccata dalla crisi, dalla patrimoniale e dalle tasse, se non in maniera marginale». Da cattolico militante, Salviato protesta: «Io credo che tutto questo non sia giusto, e penso sia giunto il momento di cominciare ad esprimere la propria indignazione: perché in gioco ci sono le vite, le speranze e il futuro di milioni di persone». Lui, annuncia, a Natale resterà a casa: «Meglio un buon libro, qualche passeggiata sul fiume, la bicicletta. Starò con la mia famiglia, frequenterò più assiduamente la mia parrocchia, e nel limite del possibile, farò solidarietà con tante famiglie del mio quartiere che hanno bisogno di essere aiutate». E il professor Monti? «Gli chiedo di riflettere e di imparare ad ascoltare consigli innovativi: cerchiamo di non sacrificare valori come equità e solidarietà sull’altare dell’egoismo e della massimizzazione del profitto».

mercoledì 28 novembre 2012

RIFLETTIAMO INSIEME: LA FORTE RICHIESTA DI ALIMENTI CHE COSTANO POCO

Cosa costa meno e perchè
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La forte richiesta di alimenti che costano poco (e visti i tempi che corrono presumo che la cosa peggiorerà ancora) ha spinto i produttori a cercare nuovi sistemi per ridurre i costi. Generalmente si tratta di risparmiare sulle materie prime. Tenete presente che la qualità ha un costo, se un prodotto costa troppo poco non può essere di qualità. ========================================================================
di Marina Mariani
fonte : www.labiolca.it



PER CHIARIRVI MEGLIO LE IDEE...
FACCIAMO QUALCHE ESEMPIO

Le materie prime incidono per non più del 40% del costo complessivo, questa è la regola di tutti i produttori di alimenti. Quando acquistate un prodotto che costa molto poco non potete pretendere che sia di qualità. 

Ma cos’è questa QUALITA’? 
Il concetto di qualità ha molti aspetti: le materie prime, il luogo di produzione, le modalità di produzione, i controlli fatti prima della commercializzazione. Un alimento che costa poco è necessariamente privo di gran parte di questi aspetti.
Se al pubblico in un supermercato una mozzarella costa 40 centesimi dobbiamo dare per scontato che almeno 15 centesimi siano il ricarico di chi vende. Restano 25 centesimi. Il 40% di questa cifra ci dice quanto è stato speso per le materie prime. E vi stupite che le mozzarelle diventino blu?
 Se potessero diventerebbero rosse. Per la vergogna. A causa delle quote latte siamo costretti a importare latte di qualità molto bassa da paesi in cui le norme igieniche non sono come le nostre, e nei quali gli animali sono allevati in condizioni scandalose. Per renderlo sano o almeno decente dal punto di vista sanitario, viene trattato a caldo con la pastorizzazione, anche per più volte. Pensate che il valore alimentare di questo latte, che ovviamente costa pochissimo, sia lo stesso di quello di una bella vacca felice tenuta al pascolo? E’ sempre latte, certo, ma quanto a valore nutritivo ? Ecco cosa comprate a basso prezzo. Vi ricordo che l’allevamento biologico prevede il pascolo per gli animali. Sarà un caso?
TECNICHE DI VENDITA

Dicevamo il mese scorso che i supermercati non fanno beneficenza alla clientela, e mi pare ovvio. Ma allora come si spiega la spesso grande differenza tra i prezzi dei supermercati e quelli dei piccoli (e ormai pochi rimasti) negozietti sotto casa? I motivi sono molti, vediamo i principali: – grandi acquisti: la grande distribuzione acquista quantità notevoli di prodotti e riesce per questo a “spuntare” un prezzo migliore. – pagamenti ritardati: il piccolo dettagliante nella maggior parte dei casi si vede chiedere il pagamento della fattura al momento stesso della consegna. Come dire che i fornitori non si fidano. Il supermercato invece, se va bene paga i fornitori dopo sei mesi dalla consegna. Sì, avete capito bene, dopo sei mesi. A volte anche più tardi. Questo significa che non deve anticipare denaro, e il pagamento avverrà quando il prodotto sarà già stato venduto da un pezzo. In pratica guadagna anche gli interessi su denaro non suo. Questo fatto spiega perché nei supermercati si trovino solo prodotti industriali, e non artigianali: quale artigiano può aspettare sei mesi per avere il pagamento dei suoi prodotti? Voi lo fareste? – affitto degli scaffali:avrete certamente notato che i prodotti posizionati sugli scaffali centrali sono quelli più costosi, quelli “di marca”. Invece se guardate in basso e in alto trovate prodotti di marche meno conosciute ma che costano meno. Quindi se volete risparmiare guardate in basso o in alto… Il fatto è che i produttori di alimenti prendono letteralmente in affitto gli scaffali centrali, pagandone un tanto al metro (quadrato o lineare). Questo costituisce un guadagno ulteriore per il supermercato, che così può permettersi di ridurre i prezzi. – accordi per offerte speciali: si concordano con largo anticipo le offerte speciali che si faranno per i prodotti. Non è vero che vengono messi in offerta i prodotti prossimi alla scadenza, non ce n’è alcun bisogno…
PERSONALE A BASSO COSTO


In alcuni casi il personale dei supermercati è costretto a fare straordinari e a lavorare durante i giorni di festa (sono tanti quelli che restano aperti di domenica e nei festivi, avete notato? Voi lavorereste volentieri nei giorni festivi?), anche se è pagato molto poco, e quando dico molto poco dico alcuni euro all’ora. Non ci credete? Chiedete alla cassiera del vostro supermercato quanto guadagna. Coloro che corrono come forsennati alla ricerca delle offerte specialissime dovrebbero prendere coscienza che sono proprio loro la causa di questo sfruttamento. E’ una triste guerra tra poveri. – articoli civetta: non tutto è proprio conveniente, la strategia della grande distribuzione è di guadagnare sul totale delle vendita invece che sul singolo prodotto. 
Molti prodotti sono posizionati in punti strategici per stimolarvi all’acquisto. Sono lì a dirvi “comprami, comprami!” Vi siete mai chiesti perché ci sono le caramelle e i cioccolatini proprio vicino alle casse? Perché voi state lì e vi viene la voglia…Osservate il vostro carrello prima di mettervi in fila alle casse: quanti prodotti, tra quelli che avete messo nel carrello, vi servono davvero? Quanti sono destinati ad essere congelati e a farvi consumare energia elettrica per la loro conservazione? Ricordate che anche mantenere nel congelatore gli alimenti è un costo: vi costa circa due euro al chilo al mese. Comprate oggi, pagate oggi e mangerete tra qualche settimana. Forse non c’è poi tutta questa convenienza a fare grandi scorte, non credete?
Due suggerimenti per risparmiare davvero:Fate la lista della spesa e comprate solo quello che avete scritto. Guardate meno pubblicità possibile

giovedì 22 novembre 2012

COSA SONO E DOVE SI TROVANO GLI "ALBERGHI DIFFUSI"

Albergo diffuso: cosa sono gli alberghi diffusi e dove sono in Italia?

di MARTA

Vivere la vita di un borgo e sentirsi come un suo abitante: è questa la filosofia alla base del modello turistico dell’Albergo Diffuso. Un modello di sviluppo del territorio che inserisce le strutture ricettive all’interno di un centro abitato. Un’ospitalità nuova, diventata relativamente nota in Italia negli ultimi anni, e che ha salvato da morte certa decine di piccoli paesini ormai disabitati.
L’Albergo Diffuso funziona in buona sostanza così: gli alloggi sono sparsi in diverse strutture dislocate su tutto il centro cittadino. I servizi offerti sono gli stessi degli alberghi, ma l’aria che si respira è diversa. È pulita, sa di natura, di vita a contatto diretto con chi in quel borgo ci vive da sempre. Gli edifici dell’albergo sono generalmente stabili antichi e di pregio ristrutturati e ammobiliati con tutti i comfort. L’impatto sull’ambiente è bassissimo, perché non si costruisce nulla di nuovo. Si restaura ciò che già esiste senza usare il cemento, poco eco-friendly.
Affinché si possa realizzare un turismo innovativo come questo occorre rintracciare un paese, parzialmente abbandonato e dal forte interesse storico-ambientale; individuare gli edifici capaci di accogliere diversi ospiti; e procedere a ristrutturarli nel pieno rispetto della natura e della loro identità storica. Ma c’è di più, l’impatto sulle relazioni umane. Una realtà fatta di poche persone dà la possibilità di intrecciare legami solitamente più genuini che non in una zona a turismo di massa. Ecco perché chi vive una vacanza del genere torna a casa più rilassato e con un bagaglio di esperienze maggiore. Perché ha avuto modo di parlare, capire e guardare un mondo da un’angolazione nuova.
Sul sito dell’AdiAssociazione nazionale Alberghi Diffusi (http://www.alberghidiffusi.it), c’è un elenco delle 40 strutture presenti in Italia classificate per regione. In Emilia Romagna, sull’Appennino tosco-emiliano, esiste un piccolo borgo arroccato sulle montagne. Si chiama Portico di Romagna, qui è stato creato l’Albergo Diffuso “Al Vecchio Convento”.
In provincia di Rieti, nella patria degli spaghetti all’amatriciana, abbiamo l’Albergo Diffuso Villa Retrosi. Un gruppo di amici ha recuperato e ristrutturato le proprie abitazioni destinandole all’attività turistica. Assicurano che ogni intervento è stato fatto nel pieno rispetto dell’architettura paesaggistica. E in coerenza con la promozione di uno turismo ecosostenibile, dal 2007, a Villa Retrosi viene prodotta energia elettrica grazie a piccoli e potenti pannelli fotovoltaici.
Per non parlare della bellissima storia di Santo Stefano di Sessanio (nella foto sotto), un borgo di poche anime sul Gran Sasso che stava morendo prima di essere recuperato da Daniele Kihlgren, una storia emblematica che ci racconta Il Fatto Quotidiano e che rappresenta un interessante esempio di questa tipologia di struttura alberghiera. Ora il suo albergo diffuso Sextantio (http://www.sextantio.it) è un mirabile esempio di un borgo fortificato medievale recuperato alla vita.
Questi sono solo alcuni esempi, ma tante strutture si trovano nella guida curata dal Touring Club, in distribuzione dal prossimo aprile.
Perché gli alberghi diffusi in Italia sono ben più di quaranta e hanno tutti una storia da raccontare. Come per esempio lo Chalet del Capriolo a Cervara di Roma, un paesino sui Monti Simbruini che un turismo sostenibile di qualità sta contribuendo a recuperare.
Insomma, un mondo da scoprire e da esplorare, nonché un modo di conoscere angoli del nostro Paese semidimenticati ed indubbiamente genuini.
Chi sceglie per le proprie vacanze un Albergo Diffuso sceglie anche gli abitanti del borgo che lo ospiterà. Perché fanno parte di quel patrimonio fatto di sapere e cultura che soltanto un turismo meno invasivo è capace di generare. Sono sempre di più i giovani che fiutano l’opportunità di lavoro e scappano da città super affollate e caotiche. Eppure ancora oggi non tutte le Regioni italiane hanno incentivato un’iniziativa del genere. Che cosa si aspetta?

mercoledì 21 novembre 2012

UNA "BANCA DELLA TERRA" PER GIOVANI AGRICOLTORI


Alluvioni e prevenzione, la Toscana istituirà una "banca della terra" per giovani agricoltori

Settis: «Niente può tutelare meglio il nostro paesaggio di un'agricoltura di qualità»
Blocco del consumo di suolo agricolo, territorio da destinare all'agricoltura per creare nuova occupazione in particolare giovanile, e presidio sostenibile del territorio rurale come strumento di prevenzione contro il dissesto idrogeologico. Sono questi i temi principali trattati al convegno "Uso versus Consumo del territorio rurale", oggi a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, a cui partecipano tra gli altri il ministro dell'agricoltura, Mario Catania, il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, l'assessore regionale all'urbanistica e pianificazione del territorio, Anna Marson, Carlo Petrini presidente di Slow food international e Salvatore Settis, accademico dei lincei.
Durante l'iniziativa la Regione ha annunciato che metterà a disposizione dei giovani agricoltori superfici agricole del suo demanio attraverso una vera e propria "banca della terra". Secondo uno studio presentato nel corso dei lavori, sono quasi 360.000 gli ettari di superficie agricola utile (Sau) abbandonati dal 1982 al 2010 in Toscana. «Eppure i giovani che intendono impiantare nuove aziende agricole non trovano terre dove sia possibile farlo - ha precisato l'assessore regionale all'agricoltura Gianni Salvadori - E' per questo che la Regione metterà a loro disposizione quelle di sua proprietà e ci faremo ricettori di tutte le istanze di coloro che intendono investire in questo settore». La proposta è attualmente all'esame del Consiglio regionale.
«Dobbiamo chiederci come possiamo fare in modo che le imprese agricole ricavino reddito sufficiente per proseguire nella loro attività. La Toscana sta già facendo il possibile per affrontare questo problema, come testimonia la possibilità che abbiamo regolamentato di installare impianti fotovoltaici sui terreni agricoli. Si tratta di un lavoro che abbiamo portato avanti coinvolgendo le competenze degli assessorati all'agricoltura, all'urbanistica e all'ambiente che hanno operato nell'interesse degli imprenditori agricoli, ma anche di tutti i cittadini e del nostro paesaggio».
«Niente può tutelare meglio il nostro paesaggio - ha dunque precisato Salvatore Settis nel corso del suo intervento - di un'agricoltura di qualità e di fronte ad un numero di appartamenti costruiti negli ultimi anni che è 387 volte superiore al numero di nuovi abitanti, servirebbe una legge composta da un solo articolo, capace di incentivare i consumi a chilometri zero e anche il lavoro in agricoltura. L'hanno fatta in Brasile e prevede che ogni mensa utilizzi per almeno il 30% i prodotti agricoli di aziende locali». L'investimento in agricoltura rappresenta anche per la Cia Toscana uno strumento di prevenzione contro le catastrofi naturali. «Per evitare alluvioni, frane e smottamenti che hanno colpito anche la Toscana nei giorni scorsi bisogna sempre ricordarsi che la miglior prevenzione è investire in agricoltura - ha dichiarato il presidente Giordano Pascucci -  Ed il consumo del suolo, in particolare del territorio rurale, va nella stessa direzione: non dimentichiamoci che negli ultimi 50 anni oltre 5 milioni di ettari agricoli sono scomparsi, e di questi oltre un terzo a causa della cementificazione. Mentre in Toscana negli ultimi dieci anni, secondo i dati del censimento Istat, abbiamo perso 100mila ettari che non sono stati cementificati, bensì a causa dell'abbandono dell'attività agricola, in particolare nelle aree rurali ‘svantaggiate' e montane, dove l'agricoltura risulta meno competitiva. E' quindi necessario investire in modo concreto in agricoltura- ha concluso Pascucci- anche per rafforzare la competitività di tutte le imprese. L'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del Ddl per il contenimento del consumo di suolo, avvenuta venerdì scorso, è quindi una buona notizia». 
Il presidente Rossi è intervenuto al convegno, facendo un bilancio di metà legislatura sulle politiche del territorio. «Fin dal nostro programma di legislatura abbiamo puntato quanto più possibile sulla salvaguardia del territorio agricolo e la tutela del paesaggio. Questa idea, combinata con il rilancio del manifatturiero, ci è sembrata l'unica in grado di far ripartire uno sviluppo di qualità nella nostra regione- ha detto Rossi - Abbiamo ripreso una discussione positiva e utile con i comuni per quanto riguarda i piani strutturali, abbiamo compiuto un altro passaggio straordinario con la "vestizione" dei vincoli. Con la revisione della Legge 1 punteremo, non in modo generico, sul riuso.
A tutto questo aggiungo altre due svolte non meno radicali: il divieto a costruire nelle zone ad alto rischio idraulico, che costituiscono il 7% del territorio pianeggiante della Toscana, e la riforma dei Consorzi di bonifica, che vogliamo finalizzare alle attività di manutenzione. Tutto ciò mi sembra infine possa costituire una buona base per un accordo con il governo, nello spirito di quella visione complessiva del governo del territorio che ispirò anche l'attività di un grande presidente toscano, Granfranco Bartolini», ha concluso Rossi.
fonte: Greenreport

martedì 20 novembre 2012

GLI AVANZI ? SI CUCINANO AL SUPERMERCATO

«Evitare le perdite e riciclare tutto». In particolare in tempi di crisi. Un motto ecologista e anti-sprechi che ascoltiamo spesso ma è la prima volta che un supermercato lo fa suo. 
Qual è? The People's supermarket, una cooperativa alimentare nel quartiere di Holborn a Londra. 



«Il nostro obiettivo? Ridurre al minimo gli scarti prodotti dalla grande distribuzione, proteggere l'ambiente e prolungare la vita degli alimenti». Ma non solo: «Generare profitto». E così, all'interno del super c'è una cucina dove si cucinano gli «scarti».
NON SI BUTTA VIA NIENTE - Un pomodoro rimasto qualche giorno in più nel contenitore, non proprio perfetto, con qualche ammaccatura, ma buono da mangiare, non verrà gettato come si fa di solito... ma diventerà un ingrediente fondamentale di una ricetta preparata nella People's Kitchen. «Questo permette di inventare nuovi piatti (sani) - si legge sul sito internet -. I clienti potranno comprarli e consumarli a casa».
TUTTO RITORNA - Grazie a questo metodo, circa 100 chili di prodotti vengono riciclati ogni settimana. Se alcune pietanze cucinate non sono consumate in giornata vengono date in beneficenza. E se non sono più commestibili si trasformano in concime di un terreno dove sono coltivati i fiori e le piante in vendita al supermercato. Tutto ritorna.
L'ESEMPIO DI NEW YORK - I prodotti provengono soltanto da coltivazioni biologiche. E sono rigorosamente del Regno Unito (per dare lavoro ai coltivatori locali). A ispirare l'idea è stata The Park Slope Food Coop, una cooperativa alimentare di Brooklyn, a New York. Ma Arthur Potts Dawson e Kate Wiches-Bull (i fondatori del PSFC) non avevano pensato di trasformare gli avanzi (ancora commestibili) in una succulenta zuppa o in un sandwich da gourmet (a prezzi molto accessibili).
di Rossella Burattino

fonte: corriere.it

domenica 18 novembre 2012

RIFLETTIAMO INSIEME: FACCIAMO DECRESCERE GLI SPRECHI, NON IL LAVORO


Decrescita non significa diminuzione: se fosse diminuzione, non si uscirebbe dalla logica quantitativa della crescita. Il concetto di decrescita implica l’introduzione di criteri di valutazione qualitativi. Cioè: molte cose che consumiamo, le sprechiamo. Abbiamo delle case che, per essere riscaldate, per ogni metro quadrato consumano mediamente 20 litri di gasolio o 20 metri cubi di metano all’anno, quando in Germania non danno la licenza di abitabilità a case che ne consumino più di 7, e le case migliori ne consumano 1,5. Il problema è che dobbiamo introdurre elementi di valutazione: non tutte le merci che fanno crescere il prodotto interno lordo sono beni, sono utili. E allora, se partiamo da questa premessa, sviluppiamo delle tecnologie in grado di ridurre gli sprechi.
Questo è il concetto, per noi, di decrescita: una tecnologia più avanzata di quella attuale, che ha per obiettivo non l’aumento della produttività, ma la riduzione del consumo di energia, del consumo di risorse e della quantità di oggetti che vengono portati allo smaltimento, cioè all’incenerimento o all’interramento in discarica, poiché tutti questi oggetti contengono materiali che possono essere recuperati e riutilizzati. Cosa direi ai Comuni? Prima cosa: mettere a posto, dal punto di vista energetico, il proprio patrimonio: hanno moltissimi edifici, che consumano un sacco di energia – e gli sprechi di questa energia sono, quantomeno, i due terzi. I Comuni possono rispondermi: ma noi non abbiamo i soldi per fare gli investimenti necessari a ridurre gli sprechi dienergia. Bene, esistono delle formule contrattuali che consentono di pagare i costi attraverso i risparmi che si riescono a ottenere.
La ristrutturazione energetica viene fatta – a loro spese – da alcune ditte specializzate; il proprietario dell’edificio (in questo caso, il Comune) continua a pagare quello che paga attualmente, quindi non ha nessun aggravio di costi, e in un certo numero di anni i risparmi economici conseguenti ai risparmi energetici consentono di ammortizzare l’investimento. Si creerebbe quindi un’occupazione utile, pagata con la riduzione degli sprechi. Una volta che i Comuni abbiano fatto una cosa di questo genere, avranno l’autorevolezza morale per proporre (e imporre, per certi aspetti) ai propri cittadini di ristrutturare le loro case. E quindi, il secondo passaggio che farei è quello di un “allegato energetico” al regolamento edilizio che non consenta di costruire nuove case né di ristrutturare le case esistenti se, al termine, il consumo di queste casesupera i 7 litri per metro quadrato all’anno.
Anche in questo caso, si metterebbe in moto molto lavoro: pensate soltanto a cosa succederebbe se un governo illuminato – cioè un ossimoro, allo stato attuale delle cose – decida di porre al centro della propria politica economica e industriale la ristrutturazione energetica del nostro patrimonio edilizio. Si creerebbe un sacco di lavoro attraverso la riduzione degli sprechi e attraverso una diminuzione delle emissioni di anidride carbonica. Ma se alla fine di questo processo tutte le nostre case consumano di meno perché sprecano di meno – non perché la gente sta al freddo – noi avremo una decrescita qualitativa del prodotto interno lordo. E se si fanno scelte in direzione dell’aumento dell’efficienza, oggettivamente si toglie terreno alla corruzione e al crimine organizzato.
Se un Comune dà in appalto una grande opera, c’è la possibilità che si inseriscano delle forme di corruzione. Ma se si fa una ristrutturazione degli edifici in cui il Comune non paga niente – deve pagare la ditta che fa l’intervento, e la ditta si ripaga se l’intervento è fatto bene – non c’è neanche la materia per sviluppare delle forme di corruzione. E’ la logica della crescita che ci porta nella prospettiva di fare investimenti sempre maggiori e opere sempre più grandi, dando quindi spazio a fenomeni criminali. Dobbiamo dare spazio a una miriade di piccole e piccolissime aziende artigianali, che facciano i lavori di ristrutturazione su tutto il territorio nazionale. Piccoli appalti, in cui c’è rischio d’impresa, diffusi su tutto il territorio,costituiscono una base molto diversa rispetto a grandi appalti in cui ci dev’essere comunque un intervento da parte dello Stato.
Da questo punto di vista sono, tutto sommato, ottimista: non perché se facciamo la fotografia del quadro attuale possiamo esserlo, ma perché se facciamo il film di quello che è successo negli ultimi 15 anni, vediamo che comunque un’evoluzione c’è. E c’è un’attenzione da parte di alcuni settori produttivi: per esempio, io dovrò fare dei corsi di aggiornamento alla Confartigianato, a giovani artigiani dai 25 ai 30 anni. E la Confapi, la confederazione delle piccole e medie imprese, comincia a porsi il problema della decrescita nei termini che noi indichiamo. Perché decrescita non significa che le aziende devono lavorare di meno: significa che bisogna diminuire la produzione di cose inutili. Ma per fare questo, qualcuno deve lavorare di più, e lavorare bene. Non si può avere una decrescita qualitativa del Pil se non attraverso la crescita di alcuni settori che sono in grado di sviluppare le tecnologie che aumentano l’efficienza con cui si usano le risorse.
fonte: Maurizio Pallante, dichiarazioni rilasciate durante la trasmissione “L’inchiesta” condotta da Maurizio Torrealta, andata in onda il 10 novembre 2012 su “Rai News 24” – ospiti in studio Ugo Bardi, Stefano Bartolini e la blogger Debora Billi

venerdì 16 novembre 2012

ARRIVA L'ECOGRAFIA A DOMICILIO


Medicina interna e diagnostica, le novità al 113° congresso della Simi. Fra le tante, un palmare delle dimensioni di un quaderno, spesso due centimetri, che permetterà di eseguire l'esame a casa o comunque senza obbligare il malato o la futura mamma a spostamenti


Ecografi smart-phone e tablet, doppler a ultrasuoni che misurano le onde sonore ad alta frequenza riflesse dai tessuti: la parola d'ordine per la medicina interna di domani è tecnologia, anzi alta tecnologia. Le novità del settore sono state presentate al 113° Congresso della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) a Roma, evento che ha radunato per una settimana i migliori internisti di tutta Italia.


Pezzo forte, un palmare delle dimensioni di un quaderno, spesso due centimetri, che permetterà di eseguire le ecografie senza comportare spostamenti per il malato. Appoggiando una sonda al corpo del paziente, sarà infatti possibile esaminare in tempo reale e con gran precisione le malattie di collo, torace, cuore e addome ed eseguire l'ecografia. Se ad esempio un paziente ha difficoltà respiratorie e un versamento pleurico, ovvero acqua nei polmoni, appoggiando la sonda sul torace sarà immediatamente possibile individuarla, invece che andare in radiologia e fare la lastra del torace, meno precisa e fonte di radiazioni. In caso di dolore o colica addominale, sarà invece subito possibile verificare se si tratta di un calcolo renale o della colecisti e si potrà diagnosticare una colica biliare o renale. Se il malato ha una gamba gonfia, sarà possibile sapere immediatamente se si tratta di una trombosi venosa.



"Saremo fra i primi in Europa e, insieme ai giapponesi, nel mondo a usare un tablet per l'ecografia", annuncia Vincenzo Arienti, direttore di Medicina interna dell'ospedale Maggiore di Bologna, dove stanno sperimentando il nuovo sistema. Piccoli ecografi sono già presenti in pronto soccorso e in Emilia Romagna l'accreditamento regionale prevede la dotazione nelle unità operative di Medicina Interna, consentendo al medico di visitare il malato a domicilio e decidere in modo più appropriato se ricoverarlo. "Il futuro - continua l'esperto - vedrà protagonisti anche gli infermieri, che potranno utilizzare un palmare per cercare gli accessi venosi dei pazienti nelle sale operatorie e nei reparti di dialisi, rianimazione e ostetricia: il bambino nella pancia si potrà insomma vedere con il palmare".



L'invenzione rappresenta insomma un altro passo per evitare il sovraffollamento degli ospedali e secondo il presidente della Società italiana di Medicina interna, Francesco Violi - direttore della Iª Clinica Medica al Policlinico Umberto I e ordinario di Medicina interna alla Sapienza di Roma - , l'uso dei palmari permetterà un grande risparmio di risorse e tempi di degenza, senza contare che il malato non verrà esposto a radiazioni e inizierà subito la terapia, evitando esami inutili. "Il nostro augurio - ha detto Violi al congresso - è che possiamo averlo al più presto anche noi a Roma".



Tra le altre novità presentate, il doppler a ultrasuoni che misura le onde sonore ad alta frequenza riflesse dai tessuti e consente di misurare la pressione del sangue negli arti inferiori e quella negli arti superiori in appena due o tre minuti. Attraverso un'indagine banale, misurando la pressione di una gamba, sarà insomma possibile capire se si è a rischio di infarto o ictus: quando il valore, considerato normale fra l'1 e l'1.3, si abbassa, per esempio anche solo a 0,9, la persona è a rischio di infarto o ictus, se l'indice è al di sotto dello 0.5, il rischio è ancora più alto ed è possibile che la gamba possa in futuro essere operata. Questi i dati che emergono dalla ricerca "Ara Pacis", condotta su duemila persone in 150 centri di tutta Italia, e sono anch'essi stati presentati al congresso. "L'esame è davvero molto semplice e consente di verificare in tempo reale se il paziente è a rischio di infarto o ictus - continua Violi - questo metodo potrebbe davvero essere usato in tutti i centri, perché non richiede che un doppler e nessun'altra attrezzatura aggiuntiva".



In Italia a soffrire di fibrillazione atriale sono lo 0,8 degli uomini e lo 0,7 delle donne. E' un disturbo che si associa a un aumento di circa due volte della mortalità ed è ritenuto responsabile di un aumento di circa cinque volte del rischio di infarto, quindi del 15% degli infarti. I pazienti hanno spesso sofferto anche di altri problemi cardiovascolari, dall'infarto del miocardio alla morte vascolare, e l'impatto della malattia sull'incidenza della patologia cardiaca coronarica è da sempre, spiegano gli esperti, sottovalutato a livello clinico. La speranza è che, grazie a queste innovative apparecchiature, il margine di rischio si riduca al minimo, lasciando spazio alla prevenzione.


di Sara Ficocelli
fonte: La Repubblica

mercoledì 14 novembre 2012

L'EUROPA SOSTENGA IL BIO, L'UNICA AGRICOLTURA CHE HA UN FUTURO


Gli ambientalisti premono per sostenere chi si batte per la sicurezza e la sovranità alimentare, rispettando gli ecosistemi e le risorse strategiche come l’acqua e i suoli. L’agricoltura biologica inoltre contribuisce alla sicurezza del territorio, oltre a creare autentiche opportunità di lavoro, rafforzando il tessuto sociale delle aree rurali.

Mentre il Piemonte disastrato dai tagli ciechi mette in liquidazione il Crab, lo sportello per l’agricoltura biologica che da un decennio indirizza un comparto che vale mezzo milione di euro all’anno – inutili gli appelli piovuti sui maggiori partner del centro, cioè la Provincia di Torino governata dal centrosinistra – gli operatori europei chiedono una riforma “verde” della politica agricola, per fronteggiare la grande crisi «dirottando i finanziamenti dalle produzioni intensive ad alto impatto ambientale alle piccole aziende agricole multifunzionali», cioè quelle che praticano con successo «modelli di produzione e di consumo sostenibili», nel rispetto dei consumatori nonché delle biodiversità, delle risorse naturali e del paesaggio. È la richiesta rivolta al governo Monti, al Parlamento europeo e alle Regioni da 13 associazioni che riuniscono ambientalisti, mondo scientifico, agricoltori biologici e biodinamici.
Dal Fai, il Fondo Ambiente Italia, fino al Touring Club Italiano e alle associazioni ecologiste, Wwf in testa: tutti insieme, per «un’agricoltura in grado di riconciliare economia ed ecologia», nell’ambito della Pac, la “politica agricola comune” 2014-2020. Presenti anche le maggiori associazioni di categoria, come la Coldiretti, nonché Regioni e governo centrale, per ascoltare la voce di agricoltori e ambientalisti: «L’attuale crisi economica colpisce un’agricoltura già fortemente attraversata da una profonda crisi strutturale: in Italia, le aziende sono calate in dieci anni del 32,2% e il loro reddito del 25,3%». I dati sull’ambiente in Europa, aggiungono gli ecologisti, evidenziano unacrisi generalizzata anche della biodiversità. E il consumo di suolo agricolo negli ultimi sessant’anni (con la perdita di 1,5 milioni di ettari dei terreni più fertili) mette a rischio anche la sicurezza alimentare: «Questa crisi è il punto d’arrivo di un modello di agricoltura non più sostenibile».
Per fortuna, scrivono gli ambientalisti della Lipu sul “Cambiamento”, in Italia prevalgono ancora aziende agricole di piccole dimensioni: «Riuscire a mantenere un’agricoltura di qualità significa essenzialmente mettere in relazione la sostenibilità ambientale con quella economica». Proprio l’agricoltura è il settore che più di altri ha già realizzato attività innovative per costruire un modello di produzione e consumo basato su una visione avanzata della sostenibilità: un modello che garantisce efficienza economica, equità sociale, tutela e valorizzazione delle risorse naturali e del paesaggio. Finora, gli aiuti comunitari distribuiti attraverso la Pac hanno favorito produzioni intensive ad alto impatto ambientale, senza neppure garantire la loro sostenibilità economica. Le aziende beneficiate dai contributi sono monoculturali, producono merci indifferenziate e realizzano redditi netti più bassi, mentre le aziende agricole che reggono meglio l’impatto della crisi sono quelle diversificate, multifunzionali e biologiche.
Siamo di fronte a un paradosso, dice la Lipu: le imprese sostenute dall’Europa «non hanno futuro, sul piano economico», mentre «le imprese che invece possono avere un futuro non hanno sostegni». Discussione aperta, a Bruxelles: gli ambientalisti premono per sostenere chi si batte per la sicurezza e la sovranità alimentare, rispettando gli ecosistemi e le risorse strategiche come l’acqua e i suoli. L’agricoltura biologica inoltre contribuisce alla sicurezza del territorio, oltre a creare autentiche opportunità di lavoro, rafforzando il tessuto sociale delle aree rurali. Servono produzioni differenziate, piccoli mercati in rete, scambi virtuosi tra città e campagna. Il biologico è perfetto: le aziende di piccola taglia sono “etiche”, elastiche e flessibili, e più vicine ai bisogni dei cittadini-consumatori. Difficile però che Bruxelles recepisca i “consigli” di operatori e ambientalisti. E il Piemonte, intanto, si prepara ad amputare il suo sportello-Bio per “risparmiare” 4-5 stipendi, quelli dei ricercatori che, in questi anni, hanno saputo “accompagnare” le migliori aziende di uno dei pochissimi comparti in crescita.

fonte: Libre

domenica 11 novembre 2012

IL DNA PUO' ESSERE RIPARATO DALLA CANAPA


I ricercatori sostengono che se non venisse consumato nessun altro cibo, la canapa potrebbe sostenere una vita umana per un paio di mesi senza avere carenze nutrizionali.
Infatti la proteina della canapa è stata utilizzata in Europa durante le epidemie di tubercolosi per far regredire il processo di deperimento causato dalla malattia.
I semi di canapa sono un cibo altamente nutriente che contiene antiossidanti, proteine, carotene, fitosteroli, fosfolipidi, così come un certo numero di minerali tra cui calcio, magnesio, zolfo, potassio, ferro, zinco e fosforo.
I semi contengono inoltre vitamina A, B1, B2, B3, B6, C, D ed E.
Hanno un alto contenuto di proteine di cui il 65% Edestina e il 35% Albumina.
In questo super-cibo sono presenti anche gli acidi omega 3 e 6 in rapporto perfetto di 3 a 1 e tutti gli otto aminoacidi essenziali più due condizionatamente essenziali.
Perché gli aminoacidi sono importanti?
Un essere umano ha bisogno di 21 aminoacidi per sopravvivere: otto sono essenziali e devono essere ottenuti da alimenti, due sono condizionatamente essenziali e possono essere sintetizzati se tutti gli otto aminoacidi essenziali sono consumati.
Gli aminoacidi intervengono nella sintesi proteica necessaria per far fronte ai processi di rinnovamento cellulare dell'organismo. Le cellule non possono funzionare correttamente se il DNA è danneggiato, tuttavia le cellule possono, attraverso processi chimici, riparare il danno.
L'olio e i semi di canapa possono contribuire alla riparazione del DNA in virtù del loro alto contenuto di Edestina che è la proteina più vicina alla globulina umana, che si trova nel plasma sanguigno, ed è inoltre facilmente digeribile dal nostro organismo. La proteina è un fattore importante nella riparazione del DNA poiché le cellule utilizzano le proteine per correggere i danni del DNA.
“Nessun alimento vegetale può essere paragonato ai semi di canapa per quanto riguarda il valore nutritivo. Mezzo chilo di semi di canapa, fornisce tutte le proteine, gli acidi grassi essenziali e la fibra necessari alla vita umana per due settimane”.
Dott. Uso Erasmus da Fats that Heals, Fats that Kill, Alive Books, 1993.

sabato 3 novembre 2012

RAPPORTO LEGAMBIENTE “PESTICIDI NEL PIATTO”


Lavare accuratamente e, se possibile, sbucciare frutta e verdura. E' sempre valida e di buon senso la raccomandazione del ministero della Salute, una regola di igiene che torna d'attualità con il Rapporto “Pesticidi nel piatto 2012” di Legambiente. L’associazione lancia un vero e proprio allarme, dovuto alla presenza di residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli, e derivati, commercializzati in Italia. Vino e ortofrutta sono contaminati ai sensi di legge, sottolinea l'associazione ambientalista, nel precisare che un terzo (36%) dei campioni analizzati presenta residui chimici consentiti (diserbanti, insetticidi, fungicidi), mentre il 64% è quota zero. I campioni fuorilegge sono stabili allo 0,6%, mentre calano di circa un punto i campioni contaminati da più residui contemporaneamente, portandosi al 17,1% (18,5% nel 2011).
Aumentano tuttavia, denuncia l'associazione del cigno verde, i campioni con mix sospetti da record - Fino a 9 diverse sostanze nell'uva, 8 nel vino, 6 nelle mele, 5 nelle arance. Il report - elaborato su dati forniti da Arpa, Asl e uffici pubblici regionali - ad una prima lettura, offre un quadro abbastanza rassicurante e in linea con il trend degli ultimi anni che vede lentamente diminuire l'uso della chimica per la produzione agroalimentare. Purtroppo però, insieme all'aumento in percentuale dei campioni in regola, aumenta pure, sottolinea Legambiente, il numero delle diverse sostanze chimiche presenti contemporaneamente.
Il presidente di Legambiente si dice preoccupato - "La situazione è tutt'altro che rassicurante - afferma il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - con numerosi casi di prodotti ortofrutticoli e derivati contaminati da 7, 8, 9 principi attivi differenti, in un composto che nessuno ha mai studiato e che potenzialmente potrebbe essere molto dannoso per la salute dei consumatori e per l'ambiente. Manca ancora una regolamentazione specifica rispetto al simultaneo impiego di più principi attivi, come pure sulla rintracciabilità di più residui in un singolo prodotto alimentare". Sul tema il senatore Francesco Ferrante, che ha proposto un disegno di legge tre anni fa, chiede "al governo di recepire questo campanello d'allarme".
Il Ministero della Salute: "Nostri alimenti tra i più sicuri dell'Ue" - Tra i maggiormente rinvenuti il clorpirifos, un insetticida riconosciuto come interferente endocrino con spiccata attività neurotossica; il captano, fungicida indicato dall'Epa come possibile cancerogeno, e il Fosmet, un insetticida dannoso sulle api. Il controllo dei prodotti fitosanitari, compresi i pesticidi negli alimenti, è, sottolinea il ministero dalla Salute, "una delle priorità sanitarie più rilevanti nell'ambito della sicurezza alimentare. Gli organi competenti del Ministero della Salute e delle Regioni effettuano controlli costanti sulla frutta, la verdura e i cereali". E i dati del Ministero della Salute, permettono di affermare che tali alimenti "sono tra i più sicuri in Europa". Infatti, solo lo 0,6% di frutta fresca e lo 0,3% di cereali ha superato i limiti fissati dalla normativa comunitaria, contro una media europea che si attesta intorno al 3,5% di irregolarità. L'Italia, conclude Agrofarma, "si conferma leader in Europa sulla sicurezza alimentare".
fonte: Tiscali notizie