FRODI ALIMENTARI: SEQUESTRATI FALSI PRODOTTI BIOLOGICI

La Guardia di Finanza di Verona ha sequestrato fabbricati e terreni per un valore di oltre 2,7 milioni di euro all'amministratore di una società per azioni di Casaleone (Verona).

COLTIVARE LE TERRE ABBANDONATE

La proposta di Marco Tacconi è semplice, ci sono tantissimi terreni agricoli incolti e abbandonati, perchè non sollecitare i proprietari che sono interessati a metterli a disposizione?

AIUTIAMO I BAMBINI A MASTICARE LENTAMENTE

Questa maledetta fretta e l’abitudine del “mordi e fuggi”, trasferita ormai anche all’alimentazione, ci portano a ingoiare il cibo invece di masticarlo. Complici anche i tanti prodotti alimentari di cui la pubblicità decanta la sofficità che, una volta messi in bocca, scivolano difilato giù nello stomaco.

GLI ORTI SPUNTANO PURE NELLE AZIENDE

Gli orti urbani hanno ormai superato la fase di semplice moda se, secondo i dati della Coldiretti, circa 21 milioni di italiani che stabilmente o occasionalmente coltivano l’orto o curano il giardino.

TORINO E' LA CITTA' DEI VEGANI

Torino è una città veg. Parlare di numeri non è semplice, ma i vegani a Torino sono tanti, tantissimi. «Forse più che qualsiasi altra città, basta vedere quanti punti vendita di cibo vegano ci sono, e non solo cibo».

martedì 27 agosto 2013

UN MONDO DI ABBONDANZA ?

Vi ricordate il film Balle Spaziali? In una scena il presidente Scrocco, interpretato da Mel Brooks, prende dal cassetto della scrivania una lattina di aria pulita “Perri-air”, dopo aver assicurato un’agenzia di stampa che “non c'è nessunissima carenza di aria”.Anche se può sembrare assurdo che ci possa mai essere carenza di aria pulita, vivere in città inquinate come Pechino, Manila o Los Angeles dimostra come di aria pulita non se ne trova poi più in abbondanza come una volta.


Per la maggior parte di noi è difficile immaginare una società abbondante. Il concetto di abbondanza risulta piacevole, come vivere in un mondo abbondante è una bella sensazione. Niente preoccupazioni di sopravvivenza. Accesso a qualsiasi cosa potremmo mai desiderare o aver bisogno. Ciò nonostante, a meno che non si faccia parte della cerchia di persone che godono dello 0.1% del reddito economico, la realtà di un mondo abbondante rimane un sogno irraggiungibile. Il contrario dell’abbondanza è la scarsità. Moltissime persone conoscono bene il concetto di scarsità – scarsità di denaro, di tempo e di significato per i più fortunati o di cibo, acqua e un tetto per i meno fortunati. Dando uno rapida occhiata alle condizioni della vita umana sulla terra si potrebbe giungere alla conclusione che viviamo in un mondo scarso, ma è davvero così? Se definissimo la scarsità come “insufficienza o mancanza di risorse”, allora sarebbe tutto sommato facile riconoscere se viviamo o no in un mondo scarso. Basterebbe rispondere alla domanda “c’è abbastanza X per soddisfare i bisogni di tutti gli esseri umani?” Vediamo… Secondo le statistiche, si stima che la fame nel mondo colpisce 925 milioni di persone, il che implica che ci sia scarsità di cibo. Tuttavia, il mondo produce quotidianamente 2720 chilocalorie di cibo a persona, più che a sufficienza per sfamare l’intero pianeta. La scarsità di cibo non esiste. Secondo le statistiche, vi sono circa 630 mila senzatetto negli Stati Uniti, il che implica che ci sia scarsità di abitazioni. Tuttavia, ci sono più di 19 milioni di case sfitte negli USA, più che abbastanza per alloggiare chi vive per strada. Il problema delle abitazioni nemmeno esiste.


A quanto pare, ci sono cibo e alloggi a sufficienza per soddisfare il fabbisogno mondiale, tuttavia per molte persone la realtà dei fatti non è così. Semplicemente non hanno abbastanza soldi per concedersi questi bisogni primari. C’è scarsità di denaro? Secondo le statistiche, il debito pubblico e privato supera i 34 trilioni di dollari negli USA, il che implica una mancanza di denaro. Tuttavia, esistono circa 10 trilioni di dollari nella massa monetaria. Aspetta un attimo! Quindi il denaro è scarso! E se si cercano le ragioni, si scopre che non è scarso a caso. Il denaro scarseggia per via della metodologia con cui viene prodotto attraverso il debito a tassi di interesse. Quando viene concesso un prestito, infatti, è solo il principio che viene creato, mentre è il mercato che deve procurare l’interesse corrispondente attraverso una concorrenza senza fine per evitare la bancarotta. Ed è qui che nasce il problema. Perché mai le risorse necessarie a sostenerci in questa economia debbano essere volutamente scarse?(Se analizziamo a fondo il problema potremo scopriremmo anche la causa alla base della concorrenza nel mondo) L’abbondanza è il nemico dell’economia di libero mercato. Provate a vendere una risorsa abbondante (i.e. della sabbia in una spiaggia) e scoprirete la futilità di uno sforzo del genere. In un sistema di libero mercato, i beni devono essere scarsi affinché li si voglia comprare. Tempo fa, forme di divertimento come i raduni di comunità, le bande di paese, e le feste cittadine erano abbondanti e gratuite. Oggi, la maggior parte delle persone acquista il divertimento attraverso la televisione, i film, lo sport e i concerti, facendo dell’industria dell’intrattenimento un affare multimilionario. Dal divertimento all’assistenza all’infanzia, all’acqua in bottiglia, molti prodotti e servizi moderni un tempo abbondanti e gratuiti sono stati resi scarsi per rendere di conseguenza possibile la loro compravendita. Ma esistono esempi di cose in origine scarse che sono poi diventate abbondanti, e che tipo di impatto hanno avuto? Trent’anni fa, un gigabyte (GB) di memoria era un bene molto scarso. Fruttava la somma considerevole di quasi mezzo milione di dollari. Oggi il suo prezzo al dettaglio è di 7 centesimi e non più di 3 centesimi all’ingrosso. Memorizzare una copia digitale di un film di due ore costa meno di 10 centesimi. Sebbene non ancora gratuito e abbondante come l’aria - molte compagnie come Google, YouTube e Dropbox offrono grandi quantità di gigabyte di memoria personale gratuita a qualsiasi utente provvisto di indirizzo e-mail. La memorizzazione di dati ora è abbondante. Questa abbondanza di memoria dati ha prodotto una rivoluzione nelle comunicazioni mondiali che mette in contatto la specie umana come mai prima d’ora. È ora possibile caricare e condividere contenuti digitali in una misura che si sarebbe considerata inimmaginabile appena pochi decenni fa, il che ha fatto fare un salto enorme al grado di empatia umana a livello mondiale. Non è la prima volta che delle nuove tecnologie creano un’abbondanza capace di trasformare la società. Come scrive Jeremy Rifkin ne La Civiltà dell’Empatia: “Prima della stampa, le persone condividevano i propri pensieri in forma orale, attraverso il dialogo e scambi d’opinione vis-à-vis. La rivoluzione della stampa ha contribuito allo sviluppo di un ambiente più meditativo… la ridondanza mnemonica della comunicazione orale e le eccentricità soggettive della scrittura medievale furono eclissate da un approccio più razionale, calcolato e analitico alla conoscenza …questo cambiamento della coscienza preparò il terreno ad un nuovo ideale di progresso umano [e alla Rivoluzione Industriale]”. La comparsa della distribuzione di informazioni libera e ubiqua, l’avvento dell’era dell’informazione, e la possibilità per le persone di tutto il mondo di mettersi in contatto, collaborare e condividere idee hanno creato una forza unificatrice con il potenziale di trasformare la civiltà stessa.

A patto che si possa creare energia in abbondanza. Sebbene sia in circolazione da secoli, l’energia sta diventando sempre più scarsa, come testimonia il costante aumento del prezzo dei carburanti. Inoltre, l’inquinamento naturale dovuto al disastro della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, e l’aumento della concentrazione di CO2 derivante dalle inquinanti sabbie bituminose dell’Alberta (Canada) presuppongono dei costi tanto ecologicamente trasparenti quanto economicamente nascosti. Se questa tendenza continua, sempre meno persone potranno permettersi di usare la macchina, riscaldare la casa, e persino comprare il cibo. Ad ogni modo, si stima che il mondo usi circa 16 terawatt di elettricità all’anno, quando l’energia solare ha il potenziale di generare 6000 volte l’attuale produzione mondiale, di sicuro a sufficienza per creare energia in abbondanza. Un’energia abbondante, ben distribuita e pulita è la chiave per un mondo giusto e sostenibile. Con energia in abbondanza ci può essere acqua in abbondanza. Con acqua in abbondanza, ci può essere cibo in abbondanza. 

È giunto il momento di abbandonare le rigide ideologie e teorie di una mano invisibile che promette una prosperità mondiale irraggiungibile, e accettare l’ovvia necessità di trasformare la nostra infrastruttura energetica per permettere la condivisione di un’energia abbondante, ben distribuita e pulita.


da: Eccocosavedo.blogspot.it

sabato 24 agosto 2013

SENZA CARNE BOVINA, 4 MILIARDI DI PERSONE IN PIU' AVREBBERO CIBO A SUFFICIENZA

Carne bovina: uno spreco di calorie. Se gli Stati Uniti azzerassero l'allevamento dei bovini e il consumo di carne, essi sarebbero in grado di nutrire tre volte tanto il numero di persone che riescono a sfamare oggi. Che il consumo di carne non sia un grande affare per la salute umana e quella del pianeta, lo si sapeva da tempo. Ma un nuovo studio condotto dalla University of Minnesota ha messo in luce che mangiare la carne comporta un enorme spreco di risorse.

Ma non solo. La ricerca ha messo nero su bianco il fatto che le calorie assunte da una persona che si nutre di carne bovina rappresentano appena il 10 per cento di quelle acquisite dall'animaledai prodotti agricoli. In questo passaggio dunque si disperde il 41 per cento delle calorie.


I ricercatori hanno ipotizzato che gli esseri umani hanno bisogno in media di 2.700 calorie al giorno. Stando a queste cifre, è emerso che solo il 12 per cento delle calorie vegetali utilizzate per l'alimentazione animale si trasforma nelle calorie consumate dagli esseri umani. Allo stesso modo, solo il 55 per cento delle calorie delle colture in tutto il mondo alimentano direttamente le persone. Considerando solo gli Stati Uniti, l'agricoltura potrebbe sfamare un ulteriore miliardo di persone, spostando le calorie delle colture per il consumo umano diretto.

Le terre coltivate di tutto il mondo, da sole, potrebbero sfamare 4 miliardi di persone in più quanto non facciano ora. Basterebbe solo sostituire alla produzione di mangimi e biocarburanti per gli animali, esclusivamente quella destinata al consumo umano. Anche un piccolo, parziale spostamento delle colture intensive destinate al bestiame come il foraggio potrebbe aumentare l'efficienza agricola e fornire cibo per milioni di persone.

Il team di ricerca ha esaminato l'allocazione delle calorie in quattro paesi chiave, India, Cina, Brasile e Stati Uniti, scoprendo che mentre l'India destina il 90 per cento delle calorie all'alimentazione umana, gli altri tre ne destinano rispettivamente il 58, il 45 e il 27 per cento.

Lo studio non ha considerato solo le calorie ma anche le proteine, ottenendo risultati simili. Ad esempio, di tutte le proteine vegetali prodotte, solo il 49 per cento fa parte delle diete umane.

Cambiare abitudini cosa comporterebbe? Secondo i ricercatori, ad oggi un completo cambiamento delle diete a livello globale che elimini del tutto la carne non è fattibile, ma anche unparziale cambiamento potrebbe apportare dei benefici non da poco. Evitando i bovini e preferendo pollo e maiale, si potrebbero alimentare altre 357 milioni di persone, e il passaggio ad una alimentazione priva di carne ma con uova e latte potrebbe sostenere altre 815 milioni di persone.

L'uomo potrebbe dunque completamente soddisfare il fabbisogno proteico con diete a base vegetale, ma modificando in parte i sistemi di coltura ad esempio con una maggiore produzione di legumi ricchi di proteine.

"Abbiamo in sostanza scoperto una sorprendente abbondanza di cibo per un mondo affamato, nascosto in bella vista nei terreni agricoli che già coltiviamo", ha detto Emily Cassidy, autore principale del documento. "A seconda della misura in cui gli agricoltori e i consumatori sono disposti a cambiare le pratiche attuali, le coltivazioni esistenti potrebbero sfamare milioni o addirittura miliardi di persone."

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Iop Science Environmental Research Letters.

Francesca Mancuso

LE 5 BUGIE CHE CI RACCONTANO SUL CIBO

E’ QUALCOSA CHE SAI GIA’ BENE MA PREFERISCI IGNORARE

L’industria alimentare si basa quasi interamente su una serie di menzogne vendute a buon mercato. Bastano delle foglie di lattuga che svolazzano, fresche, in una pubblicità o una famigliola felice e sorridente riunita attorno ad un pollo ben cucinato per illudere il consumatore che quel prodotto sia del tutto naturale. Ma cosa c’è dietro? Proviamo a tracciare una linea di demarcazione tra ciò che vogliono farti credere e ciò che realmente compri. E’ necessario, soprattutto se il cibo che si acquista non ha nulla a che fare con quello dedotto nell’etichetta. Poniti qualche domanda la prossima volta che dovrai comprare…


5. IL MIELE



Le spezie esaltano il sapore degli alimenti e rendono più gustoso un pasto, in modo del tutto naturale. Questo è quanto l’industria alimentare vuol farti credere, ma la realtà è ben altra. Da anni l’Unione Europea mostra “tolleranza zero” verso la contaminazione di miele da parte di pollini ogm, vietandone la vendita senza apposita autorizzazione. Tuttavia negli ultimi 2 anni l’Italia ha triplicato l’importazione di questa prelibatezza dalla Cina, che, insieme all’Argentina, contribuisce al 55% del miele consumato nello Stivale. Cosa non torna? Che in questi due paesi il polline può essere contaminato da organismi geneticamente modificati. In questo modo decade la garanzia che il miele importato sia Ogm free. Insomma, fatta la legge, trovato l’inganno. Tenendo conto che l’Italia importa circa metà del proprio fabbisogno annuale di miele dall’estero, è più che probabile che i cittadini del Belpaese consumino miele contaminato (o per lo meno non controllato per riscontrarne eventuale presenza). Del resto basta prenderne una confezione per rendersi conto che il mercato del miele gira tutto intorno alla poca trasparenza. Gira il tuo barattolo di vetro ambrato e leggi l’etichetta: sotto tutte quelle belle e rassicuranti scritte italiche, cosa si dice riguardo la provenienza? Proprio così…

4. IL POLLO

Ti sei mai chiesto come vengono fatti quei gustosi Nuggets o le così tanto amate Cotolette di Pollo che sei abituato a sgranocchiare? E se ti dicessi che quello che mangi non e’ esattamente ciò che sei abituato a vedere nelle vetrine del macellaio? Purtroppo è così, dietro ad ogni crocchetta o cotoletta di pollo pre-confezionata si nasconde una catena di produzione degna di un film horror. Tutto ha inizio con la selezione del pulcino: subito dopo la schiusa delle uova, quasi il 50% dei neonati, ritenuto inutile per la filiera produttiva, finisce (ancora vivo) in un tritacarne, per poi essere venduto come concime per i campi, o come mangime per gli animali domestici. Al rimanente 50% spetta una sorte peggiore. I sopravvissuti vengono stipati in piccole gabbiette, grandi pressapoco come un foglio da stampante, sporche e puzzolenti. I lager sono enormi, non possiedono ricicli d’aria. La vita negli allevamenti provoca pazzie, allucinazioni ed istinti suicidi. Costretti a beccare l’unico cibo che gli viene proposto – un pastone arricchito con ormoni della crescita ed antibiotici – un pulcino diventa “pollo” in appena 36 giorni (una crescita naturale richiederebbe il quadruplo del tempo) ed ucciso il40esimo giorno dalla sua nascita. Proprio così, sembrano polli ma sono neonati. Inutile aggiungere che questo procedimento può comportare gravi rischi per la salute, negli allevamenti intensivi, i polli non hanno la possibilità di muoversi liberamente, questa limitazione fa si che gli ormoni somministrati quotidianamente non vengano “smaltiti” e rimangano nella loro carne, non è quindi difficile intuire chi sarà il “beneficiario” di tutti i pericolosi farmaci.

3. L’INGREDIENTE SEGRETO? IL LEGNO

A questo punto starai pensando: “Ok, adesso l’hai sparata grossa! Cosa c’entra il legno con il cibo?”. Ti spiego subito, sai cosa fanno le industrie alimentari con l’elemento principale del legno, la cellulosa? La nascondono dietro un nome fantasioso ed invitante e te la vendono come cibo! Proprio così! La cellulosa può essere utilizzata, nelle ricette delle grandi industrie alimentari, come sostituto economico dell’olio e della farina. Ecco le sigle con cui possiamo riconoscere la presenza di cellulosa e derivati tra gli ingredienti dei prodotti alimentari:

Cellulosa (E460i)
Metil-cellulosa (E461)
Etilcellulosa (E 462)
Idrossi-propil-cellulosa (E 463)
Idrossi-propil-metilcellulosa (E 464)
Etilmetilcellulosa (E 465)
Carbossimetilcellulosa (E 466 )

Essi trovano impieghi come additivi nei biscotti e nei cereali “ricchi di fibre” e nei cibi più disparati: dessert, budini, salse, gelati, piatti pronti, insaccati,yogurth, low-fat products, prodotti gluten-free. La cellulosa ed i suoi derivati non sono vengono digeriti. Queste caratteristiche insieme alla capacità di essere fermentate dalla flora batterica intestinale, ha permesso l’inclusione dei derivati della cellulosa nell’elenco delle fibre alimentari, in accordo con il documento “Statement of the Scientific Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies on a request from the Commission related to dietary fibre”

2. L’OLIO ”FALSO” D’OLIVA

E’ il simbolo dell’Italia sana, quella che lavora e che mangia mediterraneo. E’ la metafora delle nostre coste, ricche di uliveti e di vecchi contadini che si prodigano infaticabili nella spremitura della preziosa sostanza dorata. Ciò che in realtà c’è da sapere è che per quanto folle possa sembrare, la pirateria olio d’oliva è una delle imprese più redditizie della mafia italiana. La denuncia piove dritta dagli Stati Uniti. Sei mesi di lavoro, e in sette pagine di inchiesta fitte fitte il settimanale New Yorker denuncia l’Italia come l’Eldorado dell’olio adulterato. Un paese in cui spacciare una miscela di oli scadenti per pregiato extravergine made in Italy, è redditizio quanto il traffico di cocaina, ma con molti meno rischi. Le tesi del giornale americano sembrano confermate in parte anche dai dati ufficiali. Solo lo scorso giugno la Guardia di Finanza ha scoperto ancora in Puglia una frode da otto milioni di euro. Partite di olio tunisino, greco e spagnolo venivano vendute come extravergine italiano. E a dare una scorsa ai numeri emersi a conclusione del programma straordinario coordinato dall’ Ispettorato repressione frodi, non si tratta certo di una scoperta isolata. In soli tre mesi, da gennaio al 31 marzo, il coordinamento di Guardia di Finanza, Agenzia delle Dogane, Guardia Forestale ed ilNucleo antifrodi dei Carabinieri, ha consentito di effettuare controlli su 787 operatori, per un totale di 54 milioni di litri di olio di oliva ( si fa per dire ). Le irregolarità riscontrate sono state 176, vale a dire più di un operatore su cinque, i sequestri sono stati 13, per 90 mila litri di prodotto. Un risultato ottenuto grazie alla “straordinarietà” dei controlli che si sono avvalsi di esami chimici e organolettici. Spesso è stato proprio l’assaggio a segnalare un problema che altrimenti non sarebbe emerso. Le irregolarità più frequenti, manco a dirlo, sono legate alla scoperta di “prodotti stranieri spacciati per nostrani, extravergini che si sono rivelati miscele di oli di semi di pessima qualità”. I soli numeri delle importazioni di oli di semi potrebbero indurre a qualche sospetto. Secondo i dati dell’Ismea, ne importiamo all’anno circa 800mila tonellate, ma i consumi domestici si attestano intorno alle 140mila tonnellate. Dove finiscano le restanti 660mila tonnellate è impossibile saperlo, perchè la parte di oli acquistati e utilizzati dall’industria alimentare non è documentata.

1. I VALORI NUTRIZIONALI

Sicuramente avrai sentito parlare dello Yogurt che fa bene all’intestino, o dei cereali che purificano la pelle. Come non ricordarsi di quelle patatine che curano il tifo? Sappiamo benissimo che è stato debellato da secoli, ma mangiando quelle patatine comunque nessuno ha mai contratto quel tipo di malattia. E’ il celebre “procedimento per illazioni”, ovvero: si trae una conclusione plausibile da delle premesse non verificate. Un po’ come dire che leggere questo articolo protegge la terra dalla collisione con gli asteroidi. Il ragionamento che le industrie alimentari seguono è semplicissimo: se devo scegliere tra due prodotti che compro abitualmente, preferisco acquistare quello che fa bene alla salute, anche se costa un po’ di più. Questa “moda della salute alimentare”, manco a farlo apposta, è nata nel 2002 negli USA quando molti anonimi alimenti di uso corrente guadagnarono improvvisamente dei superpoteri. La tecnica si chiama Qualified health claims (indicazioni autorizzate sulla salute), un termine vuoto che consiste essenzialmente in un potenziamento delle campagne di marketing dei prodotti. E così, da un giorno all’altro, un bicchiere di coca-cola fa bene alla salute.

Fonte: ilfattaccio.org

venerdì 23 agosto 2013

L'ITALIA SCELGA UNA AGRICOLTURA PIU' SOSTENIBILE

Le Associazioni del mondo ambientalista e dell'agricoltura biologica chiedono un incontro al Ministro Nunzia De Girolamo e alla Conferenza delle Regioni per l’applicazione in Italia della nuova PAC al fine di assicurare un futuro sostenibile all’agricoltura.


Il tavolo unitario delle 14 Associazioni ambientaliste e dell'agricoltura biologica (AIAB, Associazione per l'Agricoltura Biodinamica, FAI, Federbio - Upbio, FIRAB, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Slow Food, Touring Club Italiano, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, WWF) che da settembre 2012 lavora all’elaborazione di proposte per una riforma della PAC in grado di assicurare un futuro sostenibile all’agricoltura chiede un’incontro al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Nunzia De Girolamo e agli Assessori all’Agricoltura e all’Ambiente che coordinano le relative Commissioni della Conferenza delle Regioni, per presentare le loro richieste sulle decisioni che il Governo dovrà assumere d’intesa con le Regioni per l’attuazione della riforma della PAC nel nostro paese e sull’ impostazione dell’accordo di partenariato per la programmazione dei fondi Europei 2014 – 2020 e la definizione dei PAN pesticidi.

Le 14 Associazioni valutano negativamente l’accordo che il 25 giugno scorso il Parlamento Europeo, il Consiglio Europeo e la Commissione Europea hanno raggiunto sulla riforma della PAC. Una delle poche cose positive dell’accordo è che le nuove regole comunitarie lasciano una buona possibilità di scegliere agli stati membri nell’applicazione della nuova PAC come ad esempio la flessibilità dei fondi tra i due pilastri, la definizione dell'agricoltore attivo, il tetto massimo degli aiuti e le misure per i giovani agricoltori e su queste opportunità il tavolo vuole contribuire con alcune proposte fra quali la prima è usare la flessibilità dei fondi tra i due pilastri per spostare il 15% dal primo al secondo, vero strumento per lo sviluppo sostenibile delle imprese e del territorio.

"L’accordo raggiunto a livello europeo non ha prodotto la riforma della PAC attesa dai cittadini e dalla componente più avanzata del mondo agricolo che in questo momento di crisi economica chiedevano una svolta radicale verso un nuovo modello agricolo in grado di premiare le aziende più virtuose, che producono i maggiori benefici per la società, cibo sano, tutela dell’ambiente e capacità di creare lavoro per i giovani. Adesso ci sono alcune scelte che spettano all’Italia e che possono cercare d’interpretare le aspettative e le richieste della maggioranza dei cittadini per un’agricoltura più sostenibile, attenta ai beni comuni e all'interesse generale e su queste scelte chiediamo di essere ascoltati per poter contribuire portando le nostre proposte”, ha dichiarato la portavoce del Tavolo Maria Grazia Mammuccini.

Adesso quindi il Governo, d’intesa con le Regioni, dovrà definire il quadro strategico di riferimento per la programmazione di tutti i Fondi Comunitari per il periodo 2014 – 2020 e le 14 Associazioni auspicano che per la definizione dell’accordo di partenariato siano opportunamente coinvolte tutte le Associazioni del mondo agricolo, compreso quelle del biologico, e quelle di protezione ambientale attraverso forme di partecipazione non solo formali ma sostanziali.Tra l’altro proprio ieri la Conferenza delle Regioni ha approvato la posizione sul negoziato per l’applicazione della Riforma della PAC con aspetti coerenti con le posizioni del tavolo e con un principio di fondo condivisibile e cioè che fino ad oggi non si è colto a livello nazionale un indirizzo politico vero mentre è assolutamente necessario in questa fase realizzare scelte chiare individuando priorità e strategie adeguate alla crisi economica che vivono le imprese agricole e l’intero sistema economico.

Le 14 Associazioni chiedono infine che in questo contesto sia completato il processo di definizione del Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei fitofarmaci. Infatti c’è una stretta relazione tra questo e la definizione delle misure agroambientali della nuova programmazione dello Sviluppo Rurale.

Sul PAN pesticidi, dopo una prima consultazione delle parti sociali ed economiche interessate completata nei primi mesi del 2013, il processo per l’adozione del PAN si è bloccata in attesa che venga approvata dal Consiglio tecnico scientifico previsto dalla direttiva comunitaria e per il quale il Ministero dell’Agricoltura deve produrre il Decreto che ne formalizza la costituzione.

Tra l’altro sul PAN le 14 Associazioni hanno prodotto osservazioni e proposte che mettono in primo piano la salute dei cittadini e degli agricoltori, la qualità dell’ambiente e delle aree rurali, la sicurezza alimentare e adesso vogliono di nuovo sottoporre queste proposte all’attenzione del Ministro Nunzia De Girolamo e degli Assessori all’Agricoltura e all’Ambiente che coordinano le relative Commissioni della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome affinché si facciano garanti della corretta ed esaustiva applicazione della Direttiva comunitaria sui pesticidi.

di Redazione de IL CAMBIAMENTO

SUBITO DECRETO OGM O LA CONTAMINAZIONE SARA' INEVITABILE

Troppi ritardi nella pubblicazione del decreto contro il mais OGM in Italia firmato il 12 luglio scorso. È quanto denuncia Greenpeace che ha pubblicato ieri un briefing che riassume i principali rischi legati alla coltivazione del mais geneticamente modificato della Monsanto.


Il decreto interministeriale che vieta la coltivazione dimais OGM in Italia - firmato dopo tanti proclami dai Ministri De Girolamo, Lorenzin e Orlando il 12 luglio scorso - non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale quindi, in pratica, non esiste. Per ricordare al Governo l'urgenza di varare tale provvedimento Greenpeace ha pubblicato ieri il briefing “MON810. Una storia di mais, farfalle e rischi inutili”, che riassume i principali rischi legati alla coltivazione del mais OGM della Monsanto. 

“La firma del decreto doveva segnare la fine di un periodo di incertezza normativa e una riaffermata garanzia di tutela per consumatori e agricoltori. Purtroppo, si sta trasformando in una beffa nei confronti degli italiani - afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace - anche perché nel frattempo i due campi seminati con mais MON810 in Friuli stanno giungendo a fioritura. A quel punto sarà difficile arginare la contaminazione dell'ambiente e delle coltivazioni adiacenti”.

Il mais Bt, compreso il MON810, è un rischio evidente per l'ambiente e per i sistemi agricoli, non solo in Italia, ma in tutta Europa. L'adozione di misure d'emergenza per bloccarne la coltivazione nel nostro Paese è solo un primo passo. L'esperienza del mais Bt, e del MON810 in particolare, mostra che troppi "effetti indesiderati" sono stati scoperti dopo che le autorizzazioni sono state concesse. Gli OGM sono un rischio inutile e inaccettabile, non offrono vantaggi significativi a nessuno se non alle aziende che li brevettano.

“È incredibile e inaccettabile che, dopo aver traballato a lungo sotto l'evidente incombenza di una potentissima multinazionale straniera, il Governo italiano sia adesso bloccato e non si riesca a far pubblicare il Decreto. Chi vuole tutelare? Gli italiani, rappresentati all'unanimità dai parlamentari di Camera e Senato che hanno chiesto di bloccare la follia degli OGM, o gli interessi della Monsanto? Siamo stanchi di ripeterlo: il decreto interministeriale deve essere pubblicato subito e i due campi in Friuli decontaminati, senza perdere altro tempo”, conclude Ferrario. 

Il decreto interministeriale concede alle Regioni diciotto mesi di tempo per definire le necessarie misure per assicurare la "coesistenza" tra mais tradizionale e mais OGM. Il briefing diffuso oggi da Greenpeace ricorda i rischi del MON810 e conferma che la "coesistenza" (una chimera che la stessa Commissione Europea sa perfettamente essere irrealizzabile) non può voler dire altro che gli OGM non hanno cittadinanza in un sistema agricolo come quello italiano che punta sulla qualità.

di Greenpeace

giovedì 22 agosto 2013

TROVATO VIRUS DELL'EPATITE "A" NEI SURGELATI

Nelle confezioni di frutti di bosco surgelati confezionate da 10 aziende alimentari italiane e' stato trovato il virus dell'epatite A. E' quanto emerso dalle analisi fatte eseguire dalla procura di Torino su campioni prelevate in negozi e supermercati del torinese in seguito all'allerta diramata nelle settimane scorse dal Ministero della Salute.


Il pm Raffaele Guariniello procede per il reato di commercializzazione di prodotti di alimentari pericolosi. I frutti di bosco congelati provengono da Serbia, Ucraina, Bulgaria, Polonia, Romania e dal Canada e sono stati confezionati in aziende di Padova, Pavia, Ferrara, Parma e Cuneo. La procura sta identificando i responsabili che saranno iscritti sul registro degli indagati. 

Il magistrato ha iniziato ad indagare e ha disposto il prelievo di una serie di alimenti campione in negozi e supermercati della provincia di Torino che sono stati subito analizzati nei laboratori sanitari. I risultati sono stati consegnati ieri e hanno confermato i timori del ministero della Salute. Il ministero aveva lanciato l'allarme il 13 agosto dopo che erano stati analizzati i dati periodici dei rilevamenti del sistema epidemiologico integrato dell'epatite virale acuta dell'Istituto superiore di sanità. I dati accertano 502 casi di epatite A che sono stati accertati in Italia da fine maggio al 31 luglio. Il 264 per cento in più rispetto alla media degli ultimi tre anni. L'epidemia è scoppiata soprattutto nel Nord Europa, dove è più alto il consumo di frutti di bosco surgelati. Secondo gli esperti dell'Unione Europea la causa è legata all'uso di acqua non potabile durante il lavaggio dei frutti di bosco prima del confezionamento.